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ABARAX Crying of the whales autoprod. 2005 GER

Nati da una costola dei Taste Of Timeless, band formata da musicisti della stessa famiglia (padre più tre figli), gli Abarax vogliono esplorare i sentieri della musica Progressive sinfonica cercando di fonderla col respiro della natura; questo loro primo album è dedicato alle balene, per l'appunto. Quello che il gruppo cerca di fare quindi è qualcosa di più di un concept o di un album a tema dedicato alla vita di questi animali; la band cerca proprio di modellare la propria musica sulla stessa lunghezza d'onda dei cetacei, inserendo nella musica stessa alcuni dei loro suoni e creando dei paesaggi musicali adatti alle immagini e sensazioni evocati, nonché sorta di adattamento sinfo-Prog di detti suoni. Potreste a questo punto pensare di essere alle prese con uno dei tanti lavori di musica new-age o relaxation... in verità si tratta di un vero e proprio album Prog, anche se atmosfere del genere non mancano e la musica sia in prevalenza molto rilassata e di ampio respiro. Gli Abarax indicano i Pink Floyd come loro principale fonte di ispirazione (ed anche Deep Purple, Uriah Heep, Procol Harum e Chris Rea... ma di questi ci possiamo anche dimenticare, parlando di questo disco); ci possiamo accorgere di ciò fin dalla prima traccia. Per inciso essa ("Crying of the Whales part 1"), la più lunga dopo l'altro epic "Whale Massacre", è uno dei brani più rockeggianti dell'intero lavoro e ci porta alle atmosfere ampie e dilatate del tipico 4/4 floydiano. A dire il vero viene più da pensare ai primi Eloy; è una precisazione pignola, dato che questi sono un po' i Floyd tedeschi, come sappiamo, ma chi ha ascoltato dischi come "Ocean" sa cosa intendo. A partire dalla seconda traccia la musica si fa, se possibile, ancor più dilatata ed eterea, con frequenti intermezzi quasi ambient, spesso quasi celestiale ed impalpabile, con pochi interventi vocali. Dicevo dell'altra lunga traccia di questo album, "Whale Massacre": a parer mio è anche la migliore del lotto, caratterizzata da un gran guitar playing che sfocia in un assolo finale alla Gilmour che chiude alla grande un brano dai connotati drammatici ed angoscianti. Si tratta, in definitiva, di un album gradevole, anche se penalizzato dall'enorme tributo pagato ai Pink Floyd, con buoni spunti qua e là che interrompono un andamento altrimenti un po' pesante se prolungato per tutti i 73 minuti del CD.

 

Alberto Nucci

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