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TAUTOLOGIC Re: psychle Turtle Down Music 2018 USA

Se per “progressive” intendiamo, oltre che “musica che progredisce”, anche contaminazione di stili e generi diversi tra loro, ecco che la proposta degli americani Tautologic non può che definirsi pienamente “progressive”. Sì perché nei dieci brani di “Re-psychle” abbiamo il pop che lega con il folk, il funky che flirta con la musica da camera, il puro divertissement che diventa ben presto qualcosa di “serio”… i Beatles che si mischiano agli Echolyn, i 3rd Degree ai Caravan, i Fairport Convention (o i Jethro Tull), ai Gentle Giant… insomma di tutto e di più in un, talvolta, folle melting-pot sonoro. Il tutto senza eccedere in virtuosismi e barocchismi, anzi. Il gruppo mantiene un pregevole formato-canzone (il brano più lungo supera appena i sei minuti) e riesce a convogliare e bilanciare perfettamente le numerose idee senza forzature, anche se, ai primi ascolti, si rimane piuttosto spiazzati. Talvolta, infatti, la composizione appare talmente strampalata e fuori “canone” da lasciare interdetti… salvo poi cogliere le numerose sfumature ed il lavoro di ricerca alla base del brano.
I Tautologic nascono sul finire degli anni novanta dalla collaborazione tra il batterista Pat Buzby e il tastierista e cantante Ethan Sellers, vera anima pensante del gruppo. Nel 2002 il debutto con “West is North, East is South” (a porre l’accento anche sulla vena umoristica) ed in questi primi mesi del 2018 il come-back con una band che ora comprende anche Nathan Britsch (basso), Chris Greene (sax vari), Aaron Weistrop (chitarra elettrica), Jeff Young (violino), Nick Potino (violoncello), Aron Topielski (basso in un paio di brani), Jennifer Reddick (flauti), Michael Maccaferri (clarinetto), John Janowiak (trombone), Eric Koppa (sax baritono), Micah Frazier (tromba), oltre ad un paio di voci aggiuntive (Diana Lawrence e Jennifer Justine) ed una recitante (Lillie Sellers). Insomma un vero e proprio ensemble in grado, e libero, di suonare ogni cosa passi per la mente del leader. Eccentrico ma affascinante, senza dubbio.
Con “Loud shoes” e “Not if but when” inizia il divertimento: Echolyn e 3rd Degree, ritornelli stravaganti, archi in primo piano, riff decisi di chitarra e ritmiche bislacche. Con “The admiral” si cambia registro: quasi una chambre-song di grande fascino. Scenari color pastello sono dipinti in “The professor” con sax, clarinetto e flauto che accompagnano il cantato di Sellers. “On your left" è uno stralunato brano (ancora…) che ricorda, negli impasti vocali i Gentle Giant su ritmiche quasi… dance!!!. “Coltrane supermarket” nulla ha a che fare con il jazz, ma tra cori ed easy listening ci fa ricordare i Beatles più scanzonati. “The whistler” rimanda ai Fairport Convention o i Tull più folk, con il violino a dettare le allegre cadenze. “The gospel lady” è un’altra bella traccia delicata che non avrebbe sfigurato nella discografia dei Caravan migliori, mentre “Osaka garden", malinconica e ben interpretata da Sellers e con gli archi protagonisti è la degna chiusura di un album molto particolare. Spiazzante, divertente e più “profondo” di quello che (pare) voglia mostrare. Scettico ai primi ascolti e poi sempre più conquistato e, dunque, consigliatissimo. Album geniale.



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Valentino Butti

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