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FREQUENCY DRIFT Letters to Maro Gentle Art of Music/Soulfood 2018 GER

Mi piace ascoltare ogni tanto un disco non facile da inquadrare, che non si possa racchiudere in stili o generi precisi ma che abbia allo stesso tempo tanti aspetti in cui è facile riconoscersi e punti di riferimento nei suoni nelle atmosfere. Credo sia il caso di "Letters to Maro" dei Frequency Drift, band tedesca guidata dal polistrumentista Andreas Hack fin dall'ormai lontano 2006. La musica proposta, ricercata e melodica, è un denso miscuglio strumentale progressivo che si adatta alla voce in maniera perfetta, in cui ogni brano è caratterizzato da una differente atmosfera. Prendiamo ad esempio "Dear Maro", un apripista inusualmente lento che alterna dolcezza, tensione e follia, tra arrangiamenti di archi e la bella voce di Irini Alexa. Mentre "Underground" prosegue degnamente nello stesso stile, già da "Electricity" i suoni sembrano farsi più nervosi e, ovviamente, elettrici. Ma è solo un'impressione, perché il brano si sviluppa nuovamente in maniera melodica, con un bel ritornello in stile folk rock molto azzeccato e una chiusura fatta di sole armonizzazioni vocali. "Neon" è sognante ed epica, e finalmente mette in campo l'elettricità sotto forma di arrangiamenti di chitarra spalmati sulle varie parti di cui è formato il brano, alternati ovviamente a momenti dove prevalgono la pacatezza e i soliti impasti vocali.
Gli altri brani (in totale undici, per un'ora di musica) non deviano dallo stile originale che i Frequency Drift sono riusciti a costruire, e fare per ognuno di essi una descrizione dettagliata rischia di essere un esercizio recensorio. È sufficiente sapere che si passa dalla dolcezza malinconica di "Deprivation" al crescendo cadenzato di "Izanami", dalla teatralità in stile Kate Bush di "Escalator" alla complessità di "Who's master" (di oltre nove minuti di durata), per chiudere con la soffusa pacatezza dello strumentale "Ghosts when it rains".
I punti di forza di "Letters to Maro" sono senz'altro la personalità, definita cesellando accuratamente arrangiamenti e atmosfere, mescolando suoni acustici ed elettrici (con alcune scelte inusuali, come l'arpa elettrica suonata da Nerissa Schwarz), e la voce di Irini Alexa, non limitata al puro ruolo di "singer" ed integrata alla perfezione nel contesto strumentale, tanto da divenirne spesso parte fondamentale.
Consiglio il disco per la sua piacevolezza d'ascolto e per la sua capacità di coinvolgere dall'inizio alla fine. Se dovessi descriverlo utilizzando un unico aggettivo, avrei il dubbio se scegliere "elegante" o "raffinato". Non ha importanza, entrambi sono validi.



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Nicola Sulas

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