Home
 
SEVEN REIZH L’albatros autoprod. 2018 FRA

Non è comune che un gruppo bretone suoni qualcosa di diverso da folk bretone, più o meno adattato. I Seven Reizh, scelgono di utilizzare questo linguaggio (utilizzando anche il cantato in lingua bretone, ovviamente) passando per un delicato Progressive sinfonico che può avvicinarli da una parte ai connazionali XII Alfonso, dall’altra ai britannici Iona. Pur essendo attivi dal 2001, questo è solo il quarto album da parte del duo formato da Claude Mignon e Gérard Le Dortz, attorno al quale si muovono, come d’abitudine, numerosi altri musicisti. Quest’album rappresenta la seconda parte di un’opera, il cui primo atto viene narrato nell’album uscito nel 2015 “La Barque Ailée”, annunciata già da molti anni e slittata poi di anno in anno per problemi di varia natura, nonché il quarto capitolo della storia, la cui narrazione è partita per l’appunto col primo album, di “Jean-Marie Le Bris (nato a Concarneau il 25 marzo 1817, marinaio conosciuto per essere stato un pioniere dell’aviazione e che è riuscito a compiere un volo a bordo di una barca alata di sua creazione intorno al 1856)”.
La musica con cui il folto gruppo, composto da non meno di 27 musicisti, guidato dai due fondatori che tengono per sé solo posizioni creative e direttive (ideazione della storia, liriche, composizione, design e arrangiamenti), si snoda stavolta attraverso 8 tracce delicate e sognanti, paesaggistiche ed evocative, in cui si alternano brani cantati in bretone (ma non solo) da voci femminili e maschili, con una ricchezza strumentale non invasiva ed un incedere per lo più lento e dalle atmosfere molto ampie.
La musica dei Seven Reizh mantiene per buona parte della sua durata le caratteristiche di una musica che alterna i passaggi ampi e dilatati e le architetture più tipicamente progressive. E’ il caso ad esempio di “Brizh”, lungo brano di oltre 14 minuti dal cantato ipnotico di Laurène Bourvon, che sarà ben gradito da chi ama una musica elegante e raffinata, apprezzando l’eccellente lavoro di composizione del gruppo. Singolare e divertente “Tiqit Wweman”, brano dalle atmosfere più movimentate e cantato da Farid Aït in lingua cabila (un dialetto berbero dell’Algeria), idioma che ricorrerà altre volte nel corso dell’album, e in bretone da Bleunwenn Mével, cantante che conosciamo in quanto anni fa entrò temporaneamente a far parte dei Tri Yann.
I brani si snodano dunque nella loro delicata eleganza patinata, non disdegnando peraltro un certo appeal anche pop, fino all’intenso ed emozionante finale di “Er Lein”, che vede la presenza di una bagade, l’orchestra tipica bretone, con bombarde, biniou (le cornamuse bretoni) e tamburi. Un album gradevole e deliziosamente emozionante, delicato e anche affascinante.



Bookmark and Share

 

Alberto Nucci

Italian
English