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PRESSOR Weird things No Name / Bad Road / Addicted Label 2018 RUS

Le cose strane di questo cd EP al giorno d'oggi non dovrebbero più stupire troppo le nostre orecchie abituate (?) ad eccessi di ogni tipo e volume: quello dei Pressor non si tratta proprio di routine, anzi, ma sicuramente di uno stile musicale abbastanza ben collaudato negli anni, che esonera del tutto gli arlecchini da un ascolto a cuor leggero del cd in questione, a meno che non si voglia espiare i propri peccati sotto i colpi implacabili di un doom-sludge-stoner metal che risulta in larga parte derivativo degli Electric Wizard e Melvins, cosa abbastanza curiosa (ma neanche troppo) in effetti se pensiamo che i nostri Pressor sono a tutti gli effetti russi. A guardare la foto del digipak in acido viene esibita una maglietta dei Trouble di "Manic Depression": ecco, qui siamo totalmente all'opposto dell'hard rock un pò nostalgico di quel vecchio disco anni novanta, ovvero con "Weird Things" ci troviamo in compagnia con trenta minuti di monolitico e cadenzato sludge/stoner metal, incluse piacevoli divagazioni spaziali e vintage di serie B causate in particolare dall'incessante theremin cosmico di Tanya Shabanova, sempre sul punto di suggerirci una imminente quanto inevitabile invasione aliena. Il nome del gruppo, Pressor, è quanto mai adeguato in un contesto in cui oltre che alla nostra pressione sanguigna tutto sembra comprimersi fino allo spasimo; in tal caso pure l'orribile compressione sonora del cd, in alcuni momenti va chiaramente in distorsione, sembra quasi ben intonarsi con il clima di "Weird Things". La vena acida e psichedelica adatta per un trip andato a male forse poteva essere ancora meglio approfondita, i suoni dei synths e del theremin, per quanto abbastanza efficaci, sono lasciati comunque prevedibilmente sullo sfondo come semplice elemento atmosferico da sballo lisergico, quindi non si scaturisce mai pienamente in un vero e proprio space rock ma tutto sommato si rimane nei ranghi dello sludge metal: l'effetto alienante, in tutti i sensi, comunque pervade i trenta minuti scarsi del cd, specialmente per il povero ascoltatore che per sua fortuna (o sfortuna) non è ancora avvezzo a certe malsane sonorità. "Weird Things" suona alla fine come un'introduzione di quello che questi ragazzi potrebbero fare se oltre a tirarci dietro macigni fatti di riff granitici si dedicassero in maniera più decisa ed avventurosa anche ad approfondire la loro personale espansione sensoriale psichedelica, eventualmente con sonorità cosmiche che in genere tendono curiosamente a ben adattarsi al genere musicale notoriamente più "monotono" ed orgogliosamente riciclato di sempre, con tutte le sue diramazioni, ovvero il doom.



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Giovanni Carta

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