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MARCELLO FARANNA Abbaddarò autoprod. 2014 ITA

Non è proprio un musicista di primo pelo Marcello Faranna, che in oltre venti anni di carriera si è dedicato a molteplici esperienze (anche teatrali), tra le quali spiccano svariate collaborazioni, nonché lavori con cui si è fatto promotore della canzone siciliana. Solo nel 2014, tuttavia, si avvicina in maniera decisa al mondo del progressive rock con l’album “Abbaddarò”, nel quale è impegnato, oltre che nella composizione, anche al canto, al piano e alle tastiere. Ad accompagnarlo, diversi musicisti che vanno a formare un gruppo affiatato e preparato. La copertina coloratissima potrebbe far pensare a qualcosa di psichedelico e in effetti il concept di base è descritto come una sorta di “viaggio”, durante il quale si affrontano diverse difficoltà legate alla realtà odierna, per raggiungere un mondo utopico di benessere (testi impegnati, quindi, che vanno a toccare tematiche sociali con determinazione e convinzione). Ma i contenuti sonori si mantengono lontani da trip onirici e jam lisergiche e chilometriche, puntando su una certa concisione per giungere a quello che lo stesso Faranna definisce “prog made in Sicily”. Bastano le prime due tracce a dissipare ogni dubbio. “Preludio” è un brano strumentale aperto da melodie arabeggianti che ben presto virano verso un rock sinfonico potente e altisonante, che sembra a cavallo tra le arie mediterranee e il miglior Lucassen con il suo progetto Ayreon. La title-track, invece, fa venire fuori il suo animo di cantautore rock pronto ad unire diversi stili e culture, con il violino che sembra percorrere i sentieri tracciati da Mauro Pagani con il suo esordio solista e con la successiva esperienza con De Andrè per “Creuza de ma”. E’ solo l’inizio di un album caratterizzato da brani molto brevi (solo in un’occasione si superano i quattro minuti), eppure strutturati con una certa ricercatezza, attraverso dinamiche che anche in tempi ristretti permettono variazioni ritmiche e di atmosfera. Il timbro vocale forte di Faranna, che può ricordare vagamente quello di Eugenio Finardi, è un ulteriore valore aggiunto. Mentre scorrono i trentasette minuti dell’album, incontriamo la ballata pianistica (“Tra un po’ sarò là”), pezzi hard rock (“Stelle di cartone”, “Qualcosa mi dice”), la piece da operetta-rock con voce femminile (“Quale amore”), il momento di cantautorato che unisce De Andrè e la terra siciliana (“La ballata del barcone insanguinato”) e non mancano passaggi più melodici e orecchiabili tipicamente all’italiana. Fondamentalmente, però, l’indirizzo verso un progressive di estrazione romantico-sinfonica è preponderante, toccando uno dei suoi apici con la conclusiva “La porta del futuro”, maestoso strumentale che ricorda non poco le orchestrazioni dei progetti di Bacalov con New Trolls, Osanna e Rovescio della Medaglia. “Abbaddarò”, quindi, risulta un disco ispirato e intelligente, non originalissimo con i suoi molteplici punti di riferimento, ma senza dubbio di piacevole ascolto e in grado di far venire fuori le buonissime doti compositive e comunicative di un artista che con grande professionalità e in maniera convincente muove i suoi primi passi nel mondo del prog


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Peppe Di Spirito

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