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HÖSTSONATEN Springsong Iridea 2002 ITA

Bellissimo, praticamente perfetto! Recensione finita? In effetti si potrebbe anche chiudere qui, ma forniamo pure qualche spiegazione a tanto entusiasmo. Per chi non lo sapesse, Höstsonaten è uno dei tanti progetti di Fabio Zuffanti collaterali al gruppo-madre Finisterre. Vero vulcano creativo, oltre che amante della sperimentazione a tutto tondo, Zuffanti ha lasciato tracce di sé anche con la rock opera "Merlin", oltre che con Spazio, Quadraphonic e con l'imminente Maschera di Cera, da cui ci si aspetta grandi cose. Con Höstsonaten, invece, viene proseguita la ricerca all'interno di quel progressive sinfonico e molto romantico che contraddistingue i Finisterre medesimi, con la differenza che qui Zuffanti è compositore unico.
"Springsong", terzo disco della serie, elimina del tutto quelle parti vocali che, peraltro, erano l'unico anello debole del precedente "Mirrorgames". Ma non per questo si rischia la noia: nei quarantacinque minuti non c'è un solo secondo di troppo, e ogni nota, ogni suono è incredibilmente curato. La cifra complessiva, pur coi dovuti distinguo, è quella di un prog morbido, pastorale, molto poetico, che parte da Genesis, Camel e Caravan per arrivare a... Höstsonaten. Lo si comprende fin dall'iniziale "In the open fields", dove una delicatissima, splendida melodia per flauto colpisce nel segno per carica emozionale; in "Kemper - Springtheme" un elegiaco mellotron mette addirittura i brividi! Sfumature celtiche sono conferite dal violino e dal tin-whistle, pur restando nell'ambito romantico. Notevole, poi, il piano jazzato di "The underwater and 2nd reprise", mentre vale la pena di soffermarsi sul corpo unico formato dalle quattro seguenti tracks. Dopo lo straniante insieme di tutti gli strumenti di "Lowtide", che mira a creare un'atmosfera più che a ricercare una melodia, i giochi incrociati flauto/whistle, su cui poi interviene il mellotron, fanno davvero percepire "il bosco vivo col profumo della pioggia" suggerito dal titolo del pezzo successivo. L'allegra percussività di "Evocation of Spring in a fastdance" prelude alla suite finale "Toward the sea". E' l'apoteosi: gli arrangiamenti sono perfetti, e un nuovo tema celtico (c'è pure la bagpipe) si integra a meraviglia con le pastellature bucoliche nelle quali, tuttavia, anche la chitarra elettrica sa ritagliarsi un suo spazio. La quantità di idee compositive racchiuse in quest'opera è tale che altri ne ricaverebbero almeno una mezza dozzina di dischi. Ma evidentemente il buon Zuffanti sembra non crucciarsene, e fa bene: siamo sicuri che anche in futuro saprà ripetersi a questi livelli.

 

Francesco Fabbri

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