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ARS NOVA Biogenesis Project Musea 2003 JAP

Chissà perché, ma tutte le volte che ascolto una band giapponese di prog più o meno tradizionale mi vengono in mente quei turisti dagli occhi a mandorla che, armati di potentissime fotocamere, battono con scientifica certosinità le vie del centro di Firenze, rubando minuti dettagli dalle vetrine dei negozi di scarpe, fra i risentiti bofonchiamenti dei poveri bottegai... In effetti una delle prerogative del popolo del Sol Levante pare proprio questa: imitare l’originale e - se possibile - migliorarlo. Non sempre, però, alle buone intenzioni corrispondono risultati degni di nota, e nel caso del prog nipponico si può legittimamente affermare che le cose migliori sono emerse laddove sussisteva la volontà di affrancarsi dallo scimmiottamento spesso patetico degli stilemi occidentali.
Il female power trio denominato Ars Nova ha già molta esperienza e diversi album alle spalle, ma proprio non riesce a schiodarsi da un’algida rilettura del flash rock emersonian-wakemaniano immerso nelle tenebre ballettobronzee. Forse nella speranza di avvicinare i meriti di tali numi tutelari, la tastierista e leader Keiko Kumagai (virtualmente denudata e mostrizzata in copertina) ha qui chiamato a sé un vero all-star team. A far tomaie, suole e tacchi abbiamo dunque Claudio Simonetti, Lucio “Violino” Fabbri, Gianni “Michael Jackson” Leone (vedi foto interna), Alex Brunori (Leviathan), Arjen Anthony Lucassen (Ayreon), un paio di membri dei Gerard e altri progsters locali. Più che alte maestranze, quelle capitanate dalla Kumagai finiscono con l’essere basse manovalanze, dato che le redini compositive, ahimè, rimangono saldamente nelle sue mani. Anche laddove la citazione è evidente, l’ineffabile Keiko non si fa scrupoli nel firmare tutto in prima persona, cosicché al derelitto Grieg non rimane che rigirarsi nella tomba a causa della cybernetica sfregiatura operata in “Humanoid’s Breakfast”... E’ vero, la produzione del concept è spettacolare, ma lo è fin troppo: tronfio e ridondante, aggressivo e frastornante, violento e squassante, “Biogenesis Project” viaggia su ritmi stolidamente sostenutissimi. Assodato che da un disco non si vuole solo ricever ceffoni ma trovarvi una sostanza più profonda, il pensiero va ai film horror e fantascientifici odierni che celano dietro a una gran massa di effetti speciali l’avvilente mancanza di idee. Questo CD potrà anche stimolare il neofita del prog, ma per chi, come il sottoscritto, ha già alle spalle migliaia di ore di ascolto di tale genere, è davvero arduo rinvenire reali motivi di interesse. Sia chiaro che non sono pregiudizialmente contrario ai progetti in stile, anzi: Maschera di Cera e Standarte, tanto per dire, esaltano proprio perché sanno coniugare rigore filologico e grande ispirazione.
Stiano quindi tranquilli i commercianti fiorentini, perché, almeno qui, le Ars Nova si sono davvero... fatte le scarpe da sole. Al prossimo disco, cara Keiko, o al prossimo giro di lingerie. Il che è lo stesso.

 

Francesco Fabbri

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