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GROVJOBB Vättarnas fest Garageland Records 1999 SVE

Il tempo per i Grovjobb è rimasto fermo agli anni Settanta. Nessuna influenza o contaminazione contemporanea scalfisce l’eleganza e la spontaneità di questa musica dalle sonorità grezze ed immediate che sembra provenire direttamente da una sala prove improvvisata in cantina o da un fumosissimo piccolo stage dell’epoca. Questa è la seconda prova della band svedese, la quale ci regala un pugno di composizioni dalle melodie snelle che si sviluppano in crescendo ripetendosi in un loop ipnotico e magnetico. Le radici di questa musica vanno ricercate senz’altro tra le filastrocche sonore folk dei connazionali Kebnekajse che vengono rielaborate in chiave più marcatamente psichedelica e vivacizzate da impressioni hard blues anche queste d’annata. Belli gli inserti di flauto, come nella movimentata “Gånglåt”, che fugge all’inseguimento della vibrante chitarra elettrica, con linee melodiche sottolineate da un oscuro violino. Nella lunga traccia conclusiva spicca il Sitar le cui note incantanti, scandite dal ritmo delle tablas, accompagnano l’ascoltatore in un trip medianico. Si tratta sicuramente di un lavoro bello e coinvolgente, anche se le canzoni sembrano dileguarsi nel vuoto senza meta e senza un costrutto finalizzato, lanciate come se fosse un mezzo per sprigionare energia e tensione. Un album che meriterebbe una diffusione più ampia di quella assicurata dalla piccola ma acuta etichetta che ha dato loro fiducia.

 

Jessica Attene

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GROVJOBB Under solen lyser solen 2001 

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