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YEZDA URFA Sacred baboon Syn-Phonic 1989 (Syn-Phonic 1991) USA

Yezda Urfa: un nome veramente strano che deriva da Yazd, importante citta iraniana, ed Urfa, altra città, seppur di minore importanza della Turchia orientale, per un gruppo che (secondo me) ci ha lasciato uno dei più bei dischi di prog statunitense. La band nasce nel 1973 e pubblica il suo primo disco, intitolato "Boris", nel '75, con una tiratura veramente esigua (300 copie!), tanto che, senza essere forniti di una notevole dose di fortuna e di un notevole conto in banca, è perfettamente inutile mettersi alla sua ricerca. Molto più interessante è invece, per noi poveri mortali, il loro secondo "Sacred baboon" (in cui sono presenti brani riarrangiati già editi su "Boris") che, pur essendo stato pubblicato su vinile solo nell'89, ha visto la luce nel 1976.
In "Sacred baboon" (ovvero "babbuino sacro") non troviamo delle grosse idee innovative (e questo per alcuni sarà sicuramente un fatto negativo), ma forti e palesi riferimenti ai Gentle Giant, vera e propria sorgente stilistica degli Yezda Urfa, nonché ai mitici Yes. Questo comunque non toglie niente alla grandezza di quest'opera. La melodia è caratterizzata da folli accelerazioni spesso introdotte da breaks che hanno del funambolico. Mostruosi sono infatti il sincronismo e la tecnica di tutti e 5 i componenti della band, dove nessuno strumento prevale in maniera netta sugli altri. Brad Christoff è un drummer sempre pronto alle continue variazioni melodiche dallo stile nervoso ed efficace; Phil Kimbrough un tastierista fenomenale, oltre ad essere il flautista nei momenti più acustici e barocchi che danno un certo sollievo al bombardamento sonoro cui l'ascoltatore è continuamente sottoposto (a tal proposito sentitevi "3, almost 4, 6, yea"); Mark Miller un bassista stile Squire molto incisivo. Nel cantato si fa largo utilizzo di sovrapposizioni canore alla voce di Rick Rodenbaugh da parte di Mark Tappino (chitarrista ora cesellatore, ora aggressivo) e del già citato Kimbrough (vedi ad esempio "Cancer of the band", brano che ricorda "Free hand"). Un lavoro dai ritmi frenetici, soprattutto nel primo lato dell'LP, che può lasciare momentaneamente scosso colui che si avvicina per la prima volta agli Yezda Urfa.
La band cominciò purtroppo a disgregarsi nel 1980 ed i superstiti, dopo aver cambiato nome in Crafty Hands, ci lasciano il loro omonimo testamento vinilico nel 1982; album totalmente dispensabile, a quel che ho sentito dire.


 

Giovanni Baldi

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YEZDA URFA Boris 1975 (Syn-Phonic 2004) 

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