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FLUXURY |
Perishable goods |
autoprod. |
2005 |
NL |
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Dopo le più che buone premesse contenute nel miniCD “Me, the enemy”, i Fluxury confermano in pieno i loro passi in avanti con questo lavoro sulla lunga distanza. Peraltro, tutti i pezzi della precedente release sono qui ripresentati: se ve ne interessa una disamina più approfondita, potete andare a leggervi la mia recensione di qualche mese fa. Occupiamoci dunque delle nuove tracce. “Safety first” riecheggia fin dal titolo l’ormai nota “Nothing’s safe”, e come in quella sono basilari le oscure dissonanze crimsoniane, condite da validi impasti vocali. Il breve strumentale “Surrender” sviluppa raffinate trame su un tappeto tastieristico ambient, e le dolci soavità di “Dust settled down” confermano che Fluxury non grida mai sgangheratamente, ma al contrario ama lavorare di cesello su strutture canterburiane e romantiche a metà strada fra Caravan e Camel, con intelligenti variazioni ritmiche. Il top è forse raggiunto nei dieci minuti di “Perishable goods”, dove la tenue partenza è presto sfregiata da ottimi squarci di chitarra elettrica che a loro volta si placano in begli accordi di pianoforte, sfocianti in una frazione elegiaca che mi ha ricordato la Locanda delle Fate. Tale schema, poi ripetuto, è globalmente ben articolato. Citazione d’obbligo pure per l’altra suite “Heaven and hell”, che risolve in chiave sinfonica e nel contempo accessibile - vedi Genesis - i temi ascoltati altrove, fornendoci dunque la prova tangibile che la struttura concept del lavoro non è pretestuosa, venendo applicata in modo degno all’apparato musicale e non solo a quello testuale.
Il salto di qualità dal punto di vista programmatico è già stato fatto; un’ulteriore evoluzione potrebbe verosimilmente aversi con una produzione più ricca, per cui auguro ai Fluxury che il mercato discografico si accorga di loro, perché se lo meritano.
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Francesco Fabbri
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