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DEVIL DOLL Dies irae Hurdy Gurdy 1996 ITA

In "Sacrilegium", predecessore di "Dies irae", i Devii Doll proposero un detto di Lao Tzu che suona come "Coloro che sanno non dicono; coloro che dicono non scarno". Il nuovo parto può essere introdotto riferendo di una novella orientale basata proprio su questo; racconta di un gruppo di giovani che interrogarono un vecchio saggio su quale fosse il significato di tali parole. Egli rispose: "Chi dì voi conosce la fragranza di una rosa?". Tutti la conoscevano. Allora il vecchio saggio disse: "Esprimetela in parole". Tutti tacquero. Ben lontana dal poter essere paragonata alla gentilezza del profumo di una rosa, la devastante musica di "Dies irae" è al pari impossibile da racchiudere in parole. E' un insieme di emozioni, di stati d'animo, di attimi irripetibili raccolti e formalizzati su dì un pentagramma... che li restituisce nuovi e differenti ad ogni ascolto. Il tutto trova svolgimento nell'ambito di una struttura assolutamente imprevedibile che può essere immaginata come un viaggio all'interno di un antico palazzo dalle mille differenti stanze, dove l'introdursi in una di queste fa perdere ogni contatto con l'esterno. Il susseguirsi dei diversi locali può essere visto come l'affannosa ricerca di una via di fuga all'abbraccio, all'avvinghiamento delle vibrazioni date dalle luci e dalle ombre che illuminano o nascondono ciascun ambiente. Una corsa che lascia spesso senza fiato, all'interno di luoghi dalle dimensioni talvolta smisurate, talvolta anguste; spazi carichi di un tale magnetismo da richiamare al loro interno una volta che se ne esce dopo 45 minuti... per riprendere a girovagare alla scoperta di nuovi angoli. Gli impressionanti suoni scelti per creare tutto questo sono enfatizzati dall'opera di una sezione d'archi in grado di ingigantire la tensione fino ad esasperarla... o placarla in attesa di gettare in un nuovo vortice. Incorniciano lo schizofrenico cantato di Mr Doctor una voce soprano, nuovo inserimento nell'ensemble, ed un coro che assieme al già noto Zizich riempiono le frequenze più basse dello spettro musicale. Una proposta che primeggia sia per lo spiegamento di mezzi (anche economici), sia per le capacità degli artisti, ma soprattutto per la concezione artistica che ne sta alla base: sentimenti e sensazioni tradotti in note che, come si diceva, non è possibile trasferire in parole. Troppo fredde e minuscole queste (per lo meno se organizzate da chi sta qui scrivendo) per poter descrivere ciò che dovrebbe essere definito un masterpiece... se l'uso improprio che viene fatto del termine non avesse a questo tolto il senso di eccezionalità che deve invece essere riferito a "Dies irae".

 

Luca Rodella

Collegamenti ad altre recensioni

DEVIL DOLL Sacrilegium 1992 
DEVIL DOLL The girl who was... Death 1993 

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