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RADIOMÖBEL Gudang garam Chockskivor 1978 (Transubstans 2005) SVE

Tutto inizia nel 1973, nella cantina di casa Kangro, quella del chitarrista Andrus, a Lund nel sud della Svezia. Tre compagni di università si incontravano qui con i loro strumenti musicali: un paio di chitarre acustiche, un kazoo, un tamburo e alcuni utensili da cucina, con l'interpretazione vocale a cura di Per Simonsson. Andrus compra ben presto una chitarra elettrica e, non avendo un amplificatore, decide di attaccarla alla radio Grundig di mamma e papà. Tutto funzionava per il meglio, finché un giorno l'apparecchio non prese fuoco allorché la band decise di utilizzare la radio come amplificatore collettivo. Da qui il nome del gruppo, che in italiano significa appunto "mobile radio". Dopo una serie di concerti, nel 1975, il gruppo era pronto per il suo debutto discografico: "Tramseböx" fu stampato privatamente in una manciata di copie e rappresenta attualmente un pezzo rarissimo da collezione.
Questo secondo ed ultimo vinile fu pubblicato nel 1978 in poche centinaia di copie, sempre per l'etichetta privata Chockskivor e rappresenta un cambio di direzione stilistica per la band che si aprì in maniera più ampia verso il versante sinfonico, grazie anche all'inserimento di tre tipi diversi di tastiere (suonate da Richard Moberg): un organo Elka (di manifattura italiana), un Superstringer ed un Synth Roland. L'album fu registrato in presa diretta su un quattro piste e le tracce vocali furono aggiunte a distanza di poche settimane. Un elemento di novità, rispetto all'esordio, è rappresentato proprio dalla voce di Carin Bohlin, con qualità nettamente diverse da quelle di Per Simonsson. Non avendo più soldi a disposizione da investire per il prodotto finale, la strana copertina fu disegnata dalla stessa Carin. Sicuramente l'aspetto che colpisce maggiormente dell'album è la manifattura artigianale. I suoni sono grezzi e distorti e l'esecuzione è spontanea e sporca… come se il suono fosse amplificato, appunto, dalla mitica radio Grundig! I suoni sono molto opachi, la batteria ed il basso sono portati molto in primo piano ed i vari strumenti non si amalgamano alla perfezione. La gamma sonora delle tastiere è poco ampia e profonda e la voce di Carin è flebile, acidula e quasi spettrale. Ecco quindi che il fascino di questo gruppo sembra poggiare soprattutto sulla genuinità e sulla spontaneità della musica: un autentico prodotto da cantina, coi suoi pregi e difetti. Tra le influenze musicali possiamo annoverare sicuramente i Pink Floyd: la ballad strumentale "Höstsång" sembra essere un esempio calzante, con belle e prolungate parti di chitarra che però assume un suono a volte gracchiante. Lo stesso feeling viene trasmesso dalla successiva "Fasa" che presenta un intermezzo accelerato dominato dagli assoli di chitarra, con una serie di stop and go che movimentano l'architettura del pezzo. La voce di Carin sembra quasi quella di una cantante giapponese, anche se le liriche sono, ovviamente in svedese. Molto bella è l'atmosfera cosmica che si percepisce nell'incipit di "E-matt" la traccia strumentale che chiude il lato A, la seconda per lunghezza dell'album con i suoi otto minuti. Si percepisce un certo feeling lisergico, con suoni molto riverberanti che creano un'atmosfera particolarissima. Nella parte centrale troviamo un'interessante alternanza di accelerazioni e rallentamenti, giocati fra le tastiere e una chitarra distorta con un bell'effetto del wah wah. L'accelerazione vertiginosa conclusiva, con il basso in primissimo piano che cavalca e le tastiere che decollano, è sicuramente fra i momenti più interessanti. Si percepisce nella scelta dei riff un certo gusto svedese che rimanda in maniera velata al folklore locale. A dominare il lato B è sicuramente la suite di quindici minuti "Flugornas Morgon" che si apre con un lento crescendo di tastiere che lascia campo a momenti meditativi dal sapore psichedelico e purtroppo anche a soluzioni un po' monotone, in cui la voce di Carin si inserisce in maniera poco aggraziata.
L'album è nel complesso abbastanza vario, con discrete intuizioni cosmiche, suoni tastieristici particolari, anche se poco eleganti, influenze psichedeliche e folk ed una matrice comune di fondo rappresentata dal prog sinfonico, il tutto espresso con sonorità sbiadite e sporche. Non è un bellissimo album in senso assoluto ma sicuramente si tratta di un disco interessante per gli appassionati di questo tipo di musica e comunque un documento importante per i cultori delle rarità.

 

Jessica Attene

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