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ENNEADE Remembrance Musea 2006 FRA

Dopo la pubblicazione di una manciata di demo durante gli anni ’90 e la partecipazione alla compilation “2001: a Prog Odyssey” assemblata su iniziativa della fanzine “Acid Dragon”, giunge all’esordio questo sestetto di Lione, che può annoverare tra le sue fila ben tre chitarristi (uno dei quali, il fondatore della band George-Marc Lavarenne, anche alle tastiere).
Una band francese devota al prog-metal è forse qualcosa che può suonare insolito, per quanto quest’ovvia influenza sia stemperata dai numerosi richiami alle esperienze sinfoniche dei seventies ed alle “spigolosità” di marca King Crimson (anche quelli odierni); purtroppo non mi sento di poter dire lo stesso riguardo la musica contenuta in questo CD (dalla durata piuttosto contenuta per gli standard odierni, ma questo lo segnalo forse come un pregio) che al primo ascolto ho giudicato come assai poco fantasiosa e un po’ annacquata, rivalutandola successivamente benché solo in parte.
Essendo le tracce contenute solo quattro, è forse il caso di fare un’eccezione e commentare i singoli brani in modo individuale: apertura affidata ai 18 minuti di “King of Silver”, dall’esordio soft e vagamente anni ’80, con voci maschile e femminili in verità non molto incisive su arpeggi di chitarra ed un tappeto d’organo; la lunga durata permette sviluppi che conducono il brano in territori new-prog irrobustiti da chitarra e batteria su posizioni metal… peccato che i passaggi siano un po’ slegati tra loro, scarseggiando in fluidità e consequenzialità.
La successiva “The Dreamscape I – The awakening”, prima parte di un’ideale suite, si allontana leggermente dallo stile già descritto solo per l’assenza di elementi metallici nella sua struttura (scusate la metafora chimica!), ma risulta forse anche più anonima; da segnalare un interludio di chitarre acustiche in puro stile Hackett/Rutherford in un contesto altrimenti assai poco genesisiano.
L’introduzione sinistra e misteriosa di “The Dreamscape II” farebbe presagire qualcosa di più fantasioso, e in effetti un organo “pesante” e repentini cambi di tempo tengono l’attenzione piuttosto alta, riecheggiando la celeberrima “Erotomania” dei Dream Theater di Awake - anche per l’accostamento tra la base strumentale e la sezione parlata - ma con oltre dieci anni di ritardo e dopo innumerevoli tentativi di imitazione a smorzarne drasticamente l’impatto.
Niente di nuovo sotto il sole, infine, con la conclusiva “The Dreamscape V - Farewell goodbye”, in cui l’influenza di Robert Fripp sui chitarristi si rende palese, pur trasposta su un sound moderno ed aggressivo, con tanto di obbligatori vocalizzi “growl” (dopo il successo degli Opeth sembra non se ne possa più fare a meno…).
In definitiva, nonostante abbia letto altrove recensioni entusiastiche in cui si definisce la band come rivelazione dell’anno, ho avuto l’impressione di ascoltare un lavoro di una band dalle discrete capacità ma assolutamente inessenziale nell’affollato panorama prog odierno.

 

Mauro Ranchicchio

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