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GALAHAD Empires never last Avalon Records 2007 UK

Probabilmente i Galahad sono uno di quei gruppi che si ama o si odia. Dopo il notabile “Year Zero”, la band inglese vuole riaprire il discorso con questo “Empires never last”, disco sicuramente molto impegnativo, ma che per molti rappresenterà un ritorno alle sonorità dei primi lavori. Bisogna dire che non sempre risulta semplice mantenere alto il vessillo del new prog inglese senza cadere in stilemi e ripetitivi schemi preconfezionati. L’attenzione del pubblico e dei fanatici sembra divisa tra chi ingurgita qualsiasi cosa, basta che porti sulla copertina un nome quantomeno conosciuto-riconosciuto, e chi invece si arrocca su posizioni ipercritiche e disprezza tutto quello che non dimostra di essere quantomeno “originale”. Sull’argomento si sprecano fiumi di inchiostro – o forse oggi sarebbe meglio dire di bit – e questa non è la sede per discuterne. Tuttavia questa considerazione mi serve per inquadrare la nuova fatica dei Galahad che a mio parere si colloca esattamente a metà delle due posizioni. Ovviamente i neofiti del genere troveranno “Empires never last” incredibilmente valido, ma anche chi probabilmente cerca qualcosa in più, troverà di suo gusto il cd. La strada già intrapresa in “Year Zero”, viene seguita anche in “Empires never last” dove il new prog di stampo britannico la fa ancora da padrone e dove in alcuni momenti risentiamo echi di brani come “Lady Messiah”. Di spicco nella lunga cavalcata del cd (che tra parentesi ha la struttura del concept) c’è una splendida “I could be God” con i suoi 13 minuti e rotti di ritmi incalzanti e interessanti break, c’è “Sidewinder” con una linea melodica molto accattivante e la davvero notevole, finale “Empires never last”.
Che dire in conclusione? So bene che molti storceranno il naso al pensiero di acquistare un cd dei Galahad, che altrettanti si staranno domandando se ne vale la pena… Personalmente vi consiglio di provare ad ascoltare questo cd, perché probabilmente molti tra quelli che amano comunque il prog sinfonico, molti mainstreamer apprezzeranno “Empires never last”.

 

Marco Del Corno

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