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FAR CORNER Endangered Cuneiform Records 2007 USA

Ecco finalmente che questo interessante progetto collaterale del bassista William Kopecky trova un seguito, dopo il debutto del 2004 (seguito nel 2005 da un album dal vivo). Per rinfrescarvi la memoria posso ricordarvi che i Far Corner sono un quartetto, con un assetto da musica da camera, che suona prog rock d'avanguardia con schemi compositivi liberi e complessi. Ma sicuramente chi ha ascoltato il loro debutto discografico non li ha dimenticati e tutte queste parole diventano superflue, dal momento che la proposta odierna è sicuramente all'altezza delle produzioni passate. Al basso di Kopecky si affiancano altri tre virtuosi: Dan Maske alle tastiere e alla tromba, Angela Schmidt al violoncello acustico ed elettrico, violino e flauto di bamboo e Craig Walkner alla batteria. Il loro approccio è basato sia sull'improvvisazione che sull'esecuzione di brani preventivamente composti, metodi che ovviamente i quattro possono fondere a loro piacimento in rapporto alle loro evidenti capacità tecniche e al loro affiatamento. Ne consegue un album dinamico e complesso, che si basa su idiomi rubati alla musica classica ma che possiede la duttilità del jazz e la robustezza del rock. Il gruppo non ama costruire delle muraglie sonore e le composizioni appaiono abbastanza scarne ma allo stesso tempo aggrovigliate a dovere, dal momento che ogni strumentista riesce a portare in primo piano la propria individualità, prodigandosi in complessi assoli. L'osticità della musica è comunque variabile: la centrale "Creature Council" senza dubbio presenta delle linee melodiche ben individuabili, gestite soprattutto da un vivacissimo pianoforte, degli inserti eleganti e tormentati del violoncello, e propulsioni convincenti dell'organo, robusto ed oscuro con un rinforzo della chitarra elettrica dai riff secchi e distorti. Decisamente in primo piano è il basso di Kopecky che non lesina certamente sugli assoli. Forse questo è effettivamente il pezzo più immediato e di maggiore impatto, dove l'aggettivo immediato non indica sicuramente una fruizione agevole ed intuitiva. Altri brani sono sicuramente più pretenziosi ed astrusi, come "Claws", una traccia improvvisata in studio e registrata in presa diretta, in cui agli artisti veniva chiesto di fare scratching, o suoni correlati, con qualsiasi tipo di oggetto. Queste azioni si protraggono per circa cinque minuti ed il risultato è tanto bizzarro quanto inascoltabile. Altrettanto astratta e totalmente destrutturata si presenta la traccia di apertura, costruita su improvvisazioni di basso; si tratta comunque di un breve preludio alla successiva "Do You Think I'm Spooky", con la quale è in diretta continuità. Quest'ultima oltre che dal basso convulso è guidata da un clavicembalo sinistro e da un organo lugubre. La traccia è stata registrata dal vivo e ha un approccio abbastanza dinamico, anche se i suoni, come al solito, sono filiformi e sembrano quasi dilatarsi nel vuoto. Una particolare menzione a "Not From Around Here", l'unico pezzo di più diretta ispirazione jazz, dall'andamento flessuoso e con bellissimi intrecci di piano e violoncello. L'andamento morbido della sezione ritmica è davvero solleticante e le linee melodiche sono decisamente piacevoli. In chiusura viene collocato il pezzo più lungo, di oltre 19 minuti, "Endangered". Questa volta si tratta di un lavoro basato sulla composizione ma il gruppo ci avverte che l'approccio è stato non convenzionale anche in questo caso: ognuno dei musicisti infatti ha provveduto a comporre per sé stesso le parti che avrebbe dovuto suonare, intervenendo a rotazione sul prodotto in fase di elaborazione. Il pezzo presenta riferimenti più marcati alla musica contemporanea ed è condito di bellissimi assoli e attraversato da momenti ampi e meditativi, oltre che da improvvisi scatti di follia. In particolare è molto bello il lavoro con gli ottoni, con un bel finale alla Hindemith.
Sicuramente si tratta di un bell'album che risulterà quasi inafferrabile per chi si ferma all'aspetto puramente sinfonico e romantico del prog, ma a coloro che sono colpiti dalla faccia più sperimentale del nostro genere sicuramente desterà non poca curiosità. L'unico appunto da fare forse sta nella mancanza di veri e propri momenti trascinanti o di grandissime esplosioni e nelle sonorità spesso molto diradate. Anche nei momenti a maglie compositive più sciolte, il gruppo mantiene sempre un certo self-control. Si tratta comunque di un'impressione personale che non intacca il valore complessivo dell'opera.

 

Jessica Attene

Collegamenti ad altre recensioni

FAR CORNER Far corner 2004 
KOPECKY Kopecky 1998 
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