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OBSCURA Le città invisibili Mellow Records 2007 ITA

Ennesima formazione italiana da ammirare al debutto discografico. Prodotti dal chitarrista dei Moongarden David Cremoni, gli Obscura sono una six-piece-band che con “Le città invisibili” realizza un cd che è un’altra piccola perla che arricchisce la già vasta produzione della nostra penisola. Il loro è un rock sinfonico romantico, raffinato, nel quale affiora tanta malinconia e costruito grazie al sapiente uso dei vari strumenti presenti. Le tastiere sono classicheggianti sia nelle loro fughe maestose, sia nella creazione di atmosfere avvolgenti; la chitarra elettrica graffia, quella acustica è delicata; il flauto interviene spesso con la sua dolcezza, la sezione ritmica è precisa e puntuale ed il cantato è evocativo al punto giusto. Pietre di paragone precise non ne vedo; si può intravedere un legame quasi inevitabile con il prog italiano degli anni ’70, ma rielaborato in chiave fortemente personale, un po’ come fecero i primi Finisterre. Le nove composizioni hanno tutte qualcosa di speciale ed è davvero un piacere ascoltarle. Alcuni brani sono costruiti con i classici cambi di tempo e la struttura imprevedibile del rock sinfonico, vedi l’opener “Mondo 3”, l’incisiva e ruvida “Ombre tra la folla”, la mediterranea “La città del sole” (forse la più vicina ai Finisterre) e la conclusiva “Guernica”, che oscilla tra docili melodie, impressionanti accelerazioni e spazi solistici dal grande fascino. Poi ci sono alcune composizioni che fanno emergere i legami con la musica classica: le strumentali “Bersabea”, “Ipazia” e “Zemrude” con gli eleganti dialoghi tra il pianoforte, la chitarra acustica ed il flauto (solo “Zemrude” prosegue con variazioni ritmiche e timbriche sorprendenti). Discorso un po’ a parte le due meravigliose tracce denominate “Limbo cosmico”, in cui si combinano magicamente suoni acustici ed elettrici, con leggeri spunti barocchi e intrecci da brivido e che rappresentano un po’ la summa della musica degli Oscura. La produzione fa venir fuori i suoni un po’ “chiusi”, il che fa aumentare quell’atmosfera un po’ dark che si respira per tutto l’album. Che altro dire? Compratelo!

 

Peppe di Spirito

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