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HYPNOS 69 The eclectic measure Elektrohasch 2006 BEL

Dopo la buona riuscita di "The Intrigue of Perception" l'ammirazione dei molti appassionati di psichedelia andava ormai di pari passo con la curiosità di vedere quale direzione gli Hypnos 69 avrebbero preso con il successivo disco: bene, con la pubblicazione di "The Eclectic Measure" diventa evidente come questo quartetto belga abbia spinto ulteriormente la propria creatività verso il progressive rock sinfonico, una scelta coraggiosa che ha sensibilmente deviato il suo percorso artistico ma che ha rischiato anche di portare ad un collasso vero e proprio la stessa band. Fortunatamente, al breve periodo di sbandamento (magari dovuto anche a complicazioni esterne al gruppo) gli Hypnos 69 hanno ritrovato una loro coesione ed hanno intrapreso un piccolo tour durante l'autunno 2007, il tutto grazie anche alla forte determinazione del chitarrista e cantante Steve Houtmeyers. In effetti "The Eclectic Measure" è probabilmente la loro opera più ambiziosa, un concept basato sul misterioso scritto "gnostico" di Carl Gustav Jung "The Seven Sermons to the Dead": da qui nasce una riflessione sulla dualità dell'esistenza umana e della natura e sugli sforzi dell'uomo nella ricerca di un equilibrio interiore, un equilibrio che gli Hypnos 69 sembrano aver virtualmente trovato proprio nell'omogeneità dei dieci brani che compongono "The Eclectic Measure". Senza perdere la verve hard rock che ha caratterizzato i suoi predecessori, "The Eclectic Measure" ha ormai lasciato indietro buona parte della componente spaziale e più tipicamente freak degli Hypnos 69 per un rock dai forti tratti sinfonici e drammatici, modellato attraverso atmosfere decadenti e spesso malinconiche, legato in particolar modo alla musica dei King Crimson periodo 69-71, dai Pink Floyd ai Golden Earring zona "Moontan", con sprazzi di Yes e condizionato dalle tipiche atmosfere plumbee di certo prog crimsoniano scandinavo. Ascoltando "The Eclectic Measure" diventa quindi inevitabile constatare come la musica degli Hypnos 69 sia diventata anche più raffinata, ordinata e "regolare" rispetto ai precedenti lavori; il cantato di Steve Houtmeyers, più sussurrato e confidenziale del solito, ci fa da guida nei meandri di brani nebbiosi e carichi di tensione come la marziale "Forgotten Souls" oppure aggressivi e rabbiosi come "The Antagonist"; altrove possiamo deliziarci di momenti al limite del folk come nella malinconia strumentale della breve "My Ambiguity of Reality", nella complessità elettroacustica della seconda parte di "I and You and Me" e nella luminosa ballata "Halfway to the Star" in piena dedizione Yes. Un pezzo come "Ominous (But Fooled Before)" è praticamente un omaggio a "21st Century Schizoid Man": qui diventa quasi palese il desiderio degli Hypnos 69 di riportare l'orologio indietro di quasi quarant'anni e raggiungere il... 1969. Non a caso il suono di "The Eclectic Measure" è forse il più strettamente vintage della loro carriera, in un tripudio di Mellotron, organo Hammond, Fender Rhodes, Theremin, sassofoni e clarinetti. Probabilmente la tentazione di voler realizzare a tutti costi un disco di progressive rock classico rischia di togliere il gusto della sorpresa nell'ascolto di "The Eclectic Measure", specialmente per l'ascoltatore veterano del prog dei primi seventies. Detto questo, gli Hypnos 69 hanno comunque dato decisamente un'altra buona prova delle proprie capacità, adesso speriamo che possano riprendere con più tranquillità e senza troppe pericolose difficoltà la loro attività discografica.

 

Giovanni Carta

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