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LA DESOOORDEN Ciudad de papel autoprod. 2007 CHI

Secondo quanto riportato dalle note di copertina, questo quarto album in studio della band cilena è un concept che vede la trasformazione di un conflitto ambientale in musica e poesia. Si parla quindi dell'impatto ambientale di una fabbrica di cellulosa (da qui il titolo "Ciudad de papel", città di carta) a Valdivia (città di residenza del gruppo) che con le sue scorie di lavorazione ha portato alla decimazione della popolazione dei cigni neri che viveva in questa oasi ornitologica di rilevanza internazionale. Ritmi tribali e una musica sanguigna ispirata ai King Crimson, ci portano nel cuore della catastrofe naturale e la drammaticità e la ruvidezza dei suoni determinano uno stato d'animo adatto al concept. Devo dire che non sono riuscita a lasciarmi coinvolgere subito da questo album, forse perché ho trovato un po' ostica la performance vocale dei due cantanti Karsten Contreras e Fernando Altamirano che con la loro imponenza e la loro prepotenza distraggono un po' dal contesto musicale, ma con il progredire degli ascolti ho comunque scoperto, con notevole piacere, un album di grande valore. La proposta musicale del gruppo è infatti molto particolare, facendo leva su una commistione di elementi folk e tribali di provenienza afro-americana, con un uso massivo di percussioni tradizionali e persino del didgeridoo, hard rock e contaminazioni jazz. In questo contesto a ben vedere il cantato rozzo e prepotente, a volte teatrale, ha un qualcosa di atavico che si incastra benissimo nel contesto musicale e che ci riporta in un certo senso alla tradizione canora cilena. L'aspetto più interessante, lo abbiamo accennato, è dato dall'interessante uso di percussioni tradizionali, comprensive di tabla, chime, china, djembe, e palo de agua, che si mischiano nell'ambito di una musica dirompente, irrobustita da chitarre decise ma anche da una vivace sezione fiati, con sax baritono, soprano e tromba. La musica che ne deriva è altamente comunicativa ed è appropriata al tono di denuncia del concept, che si sviluppa anche attraverso l'inserimento di parti recitate e suoni ambientali intercalati di quando in quando nell'arco delle 12 canzoni. L'insieme musicale non ha riferimenti precisi e il prodotto finale risulta decisamente personale. Qualcuno ha persino chiamato in causa i Tool e qualche elemento che ricorda questo gruppo potrebbe anche starci; più in generale mi viene da pensare a certe band hard rock di provenienza iberica, ma in definitiva il risultato complessivo, che deriva dalla sovrapposizione dei molteplici elementi, è particolarissimo e sicuramente degno di essere esplorato.

 

Jessica Attene

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