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HERMETIC SCIENCE These fragments I have shored against my ruins Musea 2008 USA

Ritorna Ed Macan con il suo progetto “Hermetic Science”: ritorna con un nuovo album dal titolo “These Fragments I Have Shored Against My Ruins”, una frase ripresa da “Wasteland”, il poema di Thomas S. Eliot. Per comprendere in quale contesto prende corpo l’ultimo lavoro della formazione californiana, facciamo un passo in dietro, fino al 2006.All’inizio di quell’anno, Ed Macan decide di rivitalizzare il progetto “Hermetic Science” inattivo dal 2002: dà alle stampe “Crash Course: An Hermetic Science Primer”, antologia che copre quasi integralmente la produzione fino ad allora realizzata; rinnova completamente la formazione con l’innesto del bassista Jason Hoopes e della batterista Angelique Curry; con questi due collaboratori inizia il lavoro in sala d’incisione per il nuovo album, recentemente pubblicato.
In prima battuta, potrei dire che il nuovo album non si discosta di molto dalla precedente produzione. Il Professor Macan continua a viaggiare con la sua musica su un doppio binario: da un lato ci spiega che cosa è il Progressive Rock secondo la sua visione e secondo il suo stile, fedele ai canoni più classici e sperimentati del Progressive sinfonico dominato dall’utilizzo delle tastiere; dall’altro lato sembra proporre una possibile linea di evoluzione, ancora in fase di sperimentazione, nella quale prevale il suono leggero, quasi inafferrabile delle mallet percussion, ovvero vibrafono, marimba e simili. Ed è in questa duplice chiave che possono essere inquadrate ed ascoltate le principali composizioni di questo album: il brano d’apertura,“De Profundis”, è il paradigma del sinfonismo più solenne, mentre il brano più lungo del disco, “Triptych” è anche quello che esemplifica meglio la componente sperimentale che Macan esprime attraverso una vasta gamma di sonorità prodotte dalle mallet percussion. Tra gli altri brani, più brevi, segnalo “The Second Coming” la traccia finale: un ottimo brano, vagamente emersoniano, forse l’episodio più significativo di questo lavoro. Mi piace sottilineare anche l’originale apporto dei due nuovi arrivati, Hoopes e Curry, che contribuiscono a rendere più scorrevoli le aggrovigliate composizioni del leader. Ricordo infine che l’artwork è opera del grande Paul Whitehead.

 

Antonio Mossa

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