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FORGAS BAND PHENOMENA L'axe du fou Cuneiform Records 2009 FRA

La magia e le coincidenze fortunate del momento a volte sono i complici giusti per realizzare opere che racchiudono dentro di sé un fascino tutto particolare e molto spesso certe circostanze sono irripetibili. Forse per questo Forgas ha deciso di realizzare questo album in studio, misurando bene i propri passi, invece di gettarsi sul palco e cogliere quello che al momento poteva scaturire dalla sua foga artistica, come era accaduto con lo splendido "Soleil 12". Forgas ha fatto bene i propri calcoli e se proprio non ci ha regalato un album magico, come il precedente, per lo meno ha composto ottimi pezzi di jazz rock di stampo Canterburyano, alla sua maniera, con la sua classe, e non è assolutamente poco! A differenza di quanto avvenuto con "Soleil 12", i cui pezzi derivavano da rielaborazioni di materiale composto negli anni Settanta, il nuovo album contiene canzoni scritte negli ultimi tre anni, con l'eccezione del pezzo di apertura, "La Clef", che risale al periodo di "Rue Libre" (1997). Anche la line-up, composta da 6 giovani musicisti, più ovviamente il veterano Patrick Forgas alle pelli, appare in parte rinnovata. Di questi solo il tastierista Igor Brover ed il bassista Kengo Mochizuki avevano suonato in "Soleil 12", mentre la violinista Karolina Mlodecka, il chitarrista Benjamin Violet, il sassofonista Sébastien Trognon ed il trombettista Dimitri Alexaline, sono delle new entry. L'insieme dei musicisti, che in pratica non sono né più né meno che degli interpreti, ha avuto occasione di interagire e socializzare per 18 mesi prima di arrivare alla realizzazione dell'album che è interamente composto ed arrangiato da Forgas. Forgas ha misurato sapori, colori ed emozioni in un insieme sonoro equilibrato, non troppo dinamico e non troppo statico, mantenendo una qualità costante per tutta la durata dell'album. E' una musica questa che scorre fluida su tappeti ritmici piuttosto regolari e che si basa su melodie morbide e suadenti, intrecciate da violino e sax, i due strumenti solistici di rilievo in questo album. L'impalcatura melodica dei pezzi è sempre bene in evidenza e mai viene turbata da passaggi troppo complessi, da velleità solistiche o da inutili virtuosismi e la musica scivola via sul binario di una sezione ritmica estremamente regolare, come una sorta di jazz orchestrale che ha l'aria di una bella colonna sonora a tinte sinfoniche. Il pannello sonoro è intrigante, con un ruolo d'onore interpretato dal violino, che produce una gamma di melodie che tendono appena il filo della tensione emotiva, senza mai sollecitarlo troppo verso il punto di rottura. L'album è composto da quattro grossi affreschi sonori che variano da un massimo di 16 minuti ad un minimo di 8. L'ampiezza delle composizioni, le oscillazioni garbate dei ritmi e dei suoni, fanno somigliare questo disco all'oceano calmo e profondo, in cui si ha la vaga sensazione che un'onda possa alzarsi all'improvviso ad inghiottirti ma in cui regna in definitiva la bonaccia. La traccia più interessante è a mio giudizio la prima, "La Clef", proprio perché si presenta come la più varia e dinamica, con bei contrasti fra la tromba ed il violino instancabile e bei riferimenti agli Hatfield And The North. Si tratta di un album molto bello, sempre molto contenuto nelle emozioni che riesce a suscitare ma in cui forse un'enfasi maggiore avrebbe donato più luce alle pur ottime composizioni qui contenute.

 

Jessica Attene

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