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MARCO LO MUSCIO Dark and light Drycastle 2009 ITA

Ci sono due modi di avvicinarsi a questo lavoro.
Il primo è con lo spirito dell’appassionato di rock progressive anni 70 che troverà in questo lavoro variazioni su temi che conosce a memoria.
Il secondo è con lo spirito dell’appassionato musicale a tutto tondo che troverà nei quindici brani che compongono questo lavoro tutto l’amore che Marco lo Muscio ha per i suoi strumenti di riferimento, ossia pianoforte e organo.
Qualsiasi sarà l’approccio con cui vi accosterete a questo lavoro difficilmente resterete delusi dalle emozioni che sono racchiuse in questo cd.
Marco Lo Muscio è uno dei pochi casi, se non l’unico, di musicista che partendo da un territorio classico e avendo basi classiche, affronta territori musicali che farebbero rabbrividire qualsiasi appassionato della musica colta, riproponendoli in una maniera tale da dargli una dignità diversa da quella che avrebbe in un determinato ambiente culturale rock. E non è un caso che Steve Hackett sia uno dei più grandi estimatori dell’organista romano.
"Dark & Light" si divide in due parti. La prima è dedicata al pianoforte, anzi Pianoforte con la maiuscola, visto che stiamo parlando di uno Steinway 9’ gran piano. In questa parte troviamo rivisitazioni di brani di Anthony Phillips (estratti da "The Geese and the Ghost"), Steve Hackett (da "Midsummer Night’s Dream"), Eric Satie (un omaggio alle 3 gymnopedies), un omaggio a Bill Evans, uno a Gershwin, fino ad arrivare ad un brano che partendo dal tema famosissimo di "Horizons" crea emozioni musicali nuove. C’è il tempo per riproporre un brano dell’ex Pierrot Lunaire Arturo Stalteri, prima di arrivare al cuore di questo cd, ossia i 15 minuti della title track dove tutta la classe, la passione, l’esperienza, la preparazione artistica e il gusto di Marco Lo Muscio vengono fuori alla grande. Il brano centrale nonché il migliore del lavoro.
Nella seconda parte il protagonista è l’organo della chiesa anglicana di San Paolo dentro le mura di Via Nazionale a Roma. Difficilmente l’atmosfera di un concerto dal vivo può essere riprodotta in un cd (a questo proposito Marco Lo Muscio ha recentemente pubblicato anche un DVD molto interessante), in ogni modo la resa sonora è ampiamente soddisfacente.
In questa seconda parte si segue la falsa linea dei brani al pianoforte. Si parte da un brano di Wakeman per passare ad omaggi a Hackett, Fripp e Annie Haslam, per concludere alla grande con un’interpretazione molto personale di "Fanfare for the Common Man" di Emersoniana memoria.
80 minuti di musica vera, che va oltre il concetto tanto abusato di cover per giungere a qualcosa che in campo rock progressive ancora non era stato provato in maniera seria. Non si scimmiottano le composizioni classiche, ma si parte dal rock per arrivare alla musica classica.
Anche se i termini sono gli stessi, invertendoli il risultato cambia… e di molto.

 

Antonio Piacentini

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