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IZZ The darkened room Readiant Records 2009 USA

Spesso è davvero difficile scrollarsi di dosso un'impressione negativa e va a finire che questa riesce ad intaccare pesantemente un giudizio complessivo, sminuendo perfino l'apporto dei contenuti di maggior valore. Prendiamo questo nuovo album degli Izz, band ormai abbastanza accreditata nel panorama prog internazionale… se il disco fosse iniziato dalla quarta traccia l'effetto sarebbe stato sicuramente diverso e forse la buona predisposizione data da un avvio efficace sarebbe finita col pesare positivamente sul bilancio finale, facendoci dimenticare anche qualche difetto di troppo. Non voglio dire che l'ascolto di un album debba basarsi solo sulle impressioni, sull'empatia e su giudizi a caldo ma semplicemente che la scelta della scaletta, e della traccia di apertura in particolare, spesso è determinante affinché un album riesca a fare breccia nell'animo di chi ascolta. Quattro anni di attesa dopo un disco, "The River Flows", che in fin dei conti si era dimostrato abbastanza convincente, non sono pochi e le aspettative finiscono per sfociare in una cocente delusione se la prima cosa che ascoltiamo è "Swallow Our Pride", un brano di ispirazione pop, con scarsi voli di fantasia, seguito da "Day of Innocence", uno strumentale banale e persino radiofonico, e poi da "Regret", brano di atmosfera che sembra confermare la povertà compositiva di un album che a questo punto mi ero preparata ad archiviare fra le cose da dimenticare.
Ecco però che qualcosa inizia a cambiare con "Can't Feel the Earth, part 1" in cui Tom Galgano sfodera una sequenza di piano mozzafiato, alla Debussy, che sfocia in un intermezzo in stile Echolyn, con intrecci strumentali davvero intriganti. I due minuti della successiva "Ticking Away" sono leggeri e spensierati, si presentano comunque come un giusto ponte verso "Can't Feel the Earth, part 2" che con i suoi 10 minuti rappresenta il pezzo più lungo dell'album e anche il più elaborato. Si avverte che la media qualitativa dell'opera si è sensibilmente alzata rispetto alle prime tracce e sono evidenti una maggiore movimentazione ed una maggiore varietà compositiva. Molto efficaci sono gli intrecci vocali, dove compare per la prima volta nell'album la voce di Anmarie Byrnes. A tale proposito segnaliamo che l'altra cantante, Laura Meade, ha abbandonato il gruppo, pur senza conseguenze determinanti. Riferimenti li possiamo trovare con i Glass Hammer, con gli Echolyn, come già accennato, e anche, se vogliamo, con qualcosa dei primi Spock's Beard. Si prosegue in lenta discesa con la suggestiva "Stumbling", l'incerta "Message" e giù verso la conclusiva "Can't Feel the Earth, part 3", passando per una "23 Minutes of Tragedy" non esaltante ma pur sempre migliore rispetto alle prime tracce.
Devo dire che gli Izz non ci hanno mai regalato album perfetti e ci hanno sempre costretti a rovistare fra i loro brani scartando le cose belle da quelle meno brillanti. In particolare i dischi degli Izz hanno sempre fatto fatica a decollare, ma in questo caso la partenza ci ha portato verso altezze minori ed il volo è continuato in maniera abbastanza incerta, pur con qualche vetta qualitativa. Sicuramente questo è l'album peggiore fra quelli realizzati dal gruppo che comunque vale la pena di essere conosciuto, partendo però dalle produzioni passate. Al momento in cui scrivo la band sta preparando già un seguito di questa che rappresenta la prima parte di un'opera più ampia, in due atti. Speriamo a questo punto che gli Izz riescano a sfornare un'opera di nuovo all'altezza delle loro possibilità.


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Jessica Attene

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