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FLËUR Tysyacha svetlykh angelov Cardiowave 2010 UKR

Tutti quelli che pensano che un disco ucraino sia troppo esotico, tutti quelli che non concepiscono per il rock altri idiomi fuorché quello anglosassone, quelli che sono diffidenti e non si gettano volentieri verso qualcosa che può sembrare a prima vista stravagante o che non si trova proprio nel negozio di dischi sotto casa, i conservatori in generale e coloro che pensano che il prog sia musica per nostalgici nata e morta pochi decenni fa, sicuramente non arriveranno mai ad ascoltare i Flëur né si chiederanno mai chi sono né sentiranno mai la mancanza della loro musica che invece fa incendiare gli animi della gioventù russofona.
Nati praticamente dal niente, i Flëur sono diventati un vero e proprio fenomeno locale, al punto che questo nuovo doppio album in studio, ancora prima della sua pubblicazione, ha iniziato ad attirare la curiosità e ad alimentare le aspettative dei fans. Anche io ho dovuto soffrire non poco per il fatto che il suo contenuto musicale è rimasto segreto fino al concerto di presentazione e oltretutto il CD si trovava in vendita, in un primo momento, solo agli eventi live del gruppo. Ma perché tanta ansia di scoprire cosa si nasconde dietro la bella copertina del nuovo disco di una band che canta in russo? Anche se probabilmente ai Flëur non importa di essere riconosciuti come gruppo prog (essi stessi amano definire la loro musica neoclassica), questi riescono ad incarnare una nuova corrente di prog moderno abbastanza svincolata dai canoni classici di questo genere che riesce oltretutto a fare presa sul grosso pubblico, anche se si tratta, lo ribadiamo, di un fenomeno locale. La loro formula è racchiusa tutta nella voce delle due cantanti soliste che si alternano come di consueto di canzone in canzone, Olga Pulatova (dalla voce più matura e calda), che suona anche il piano, ed Elena Voynarovskaya (dalla timbrica più fragile e quasi infantile), che troviamo anche alla chitarra acustica, e ovviamente nella ricca stesura degli arrangiamenti, ricamati da strumenti classici come il violino, il violoncello, la tromba e il flauto. Il taglio delle canzoni è leggero e moderno ed arie sinfoniche si mescolano a suadenti fragranze pop su cui si allungano, di quando in quando, oscuri presagi gotici.
La band, in prevalenza femminile, fatto questo che a mio giudizio le conferisce un tocco di fascino in più, è giunta con questo CD alla sua sesta prova in studio, se si esclude il doppio bootleg “Pochty zhyvoy/Serdze” contenente demo ed inediti del 2000 e del 2001. Con il nuovo album la scelta è stata quella di tornare un po’ alle proprie origini, verso suoni leggeri e sinfonici con arrangiamenti delicati, aggiungendo a questa ricetta una spolveratina di folk e potenziando il corredo di strumenti e musicisti. In particolare il nuovo prezioso acquisto è rappresentato da Georgiy Matviiv che suona il bandura, uno splendido strumento a corde tradizionale che somiglia ad un incrocio fra una cetra ed un liuto. La componente folk, lo ribadisco, è appena accennata e rappresenta una delicata fragranza che arricchisce il gusto delle canzoni senza alterarne il sapore. E’ difficile dare una descrizione della musica dei Flëur, proprio perché non ho degli esempi di riferimento da fornirvi: si tratta di musica leggera, o meglio leggiadra, suddivisa in 16 pezzi (8 per ogni CD) della durata media di 5 minuti, più una breve intro ad aprire il primo disco. La voce è sempre il punto di riferimento più importante e l’elemento progressivo è dato fondamentalmente dai ricchi arrangiamenti e dal susseguirsi di temi melodici sinfonici ma al tempo stesso accattivanti. Ad una matrice prevalentemente sinfonica ed orchestrale si mescolano elementi elettronici, con tastiere spesso utilizzate come sfondo ma che a volte si intrecciano in maniera più complessa agli strumenti d’orchestra, creando paesaggi musicali che oscillano in maniera ambigua fra il classico ed il moderno. Rispetto alla trilogia dei primi album troviamo in generale atmosfere più solari e sognanti, in sintonia con il titolo che significa “un migliaio di angeli luminosi”. Rispetto al predecessore “Eyforiya” troviamo invece soluzioni meno imponenti e decise in questo CD suonato in punta di dita e composto da intrecci musicali sottili e luminosi. Gli strumenti elettrici, basso, chitarra e tastiere, ci sono ma vengono sopraffatti da quelli classici che caratterizzano fortemente quest’opera. Nonostante l’apparente leggerezza, questi due dischi riescono a crescere con gli ascolti, grazie ad un fitto sottobosco orchestrale che può essere apprezzato al meglio via via che si prende confidenza con la musica. Se amate la musica sinfonica e romantica e non siete legati da inutili preconcetti, vi invito a scoprire questo gruppo che per me rappresenta la quintessenza del prog melodico moderno.



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Jessica Attene

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