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ELECTRIC ORANGE Krautrock from hell Sulatron 2010 GER

Gli Electric Orange, band ormai presente sulla scena dai primi anni ‘90 e con all'attivo una ventina di album, fanno parte del movimento New Krautrock e hanno sempre fatto della coerenza musicale il loro cavallo di battaglia meritando il massimo rispetto . Con “Krautrock from hell” fanno già dal titolo dichiarazioni d’intenti, non lasciando minimamente spazio ad alcun tipo di interpretazione: l’ascoltatore è avvisato!!! Alla larga coloro ai quali i crauti gli rimangono sullo stomaco.
Non c'è nulla di nuovo sotto il sole, o meglio sotto la luna, ma è musica fatta con la massima onesta intellettuale, piacevolmente retrò: vogliono fare Krautrock e lo fanno, vogliono un'atmosfera cupa e luciferina e c'è tutta!!! il disco è un vero è proprio “Bignami” del genere: odissee lisergiche, ritmi ossessionanti ed ipnotici, improvvisazioni acide, atmosfere elettroniche dilatate, sperimentazioni analogiche senza disprezzare una forte componente progressive nel senso più puro del termine. Citare i riferimenti è solo un esercizio sterile visto che non manca nessuno della scena tedesca primi anni ‘70: Can, Faust, Ash Ra Temple, Tangerine Dream, Embryo, Amon Duul…
Tecnicamente non sono impeccabili, ma fanno della compattezza e dell’impatto sonoro il loro punto di forza. La formazione è la stessa con un solo cambio alla batteria.
Una voce parlata e via subito con un looppone basso e batteria kraftwerkiano in “Bandwur”, che ci trascina e un po’ anche si trascina, in evoluzioni spaziali fino alla successiva “Sundos”, dove una voce demoniaca dà il la ad un riff di Hammond, su cui evolve implacabilmente il flauto di Josef Ahns, e si sprigiona in un finale tutto hard prog che riporta in mente i primi Uriah Heep. Si rallenta un po’ la tensione con la successiva traccia, “Chorg”, una ballata cosmica che ricorda i migliori Hawkind. Arriva quindi “Hers”, la canzone più psichedelica e orecchiabile dell'album, con effetti spaziali e melodia di Barrettiana memoria. Le improvvisazioni e sperimentazioni analogiche un po’ sterili di “Kunstkopf” ci introducono ai 25 minuti di “Neuronomicon”, un vero e proprio viaggio in un inferno trasudante puzza di cavoli bolliti con aceto e salsicciotti accompagnati da abbondante senape. Si parte da una sinistra chitarra acustica che dà il via a trame drone, organi psichedelici, parti parlate, chitarre fuzz e Mellotron, risultando nel complesso un brano molto riuscito. L'album si conclude degnamente con “Würmloch”, 15 minuti di sperimentazioni più o meno deliranti di sano e vecchio elettrokraut alla maniera dei Tangerine.
Un disco consigliato a tutti gli amanti e nostalgici del genere, un disco che non brilla in originalità, che non scende a compromessi, nutrito di un amore viscerale verso il genere . E’ un ascolto forse raramente entusiasmante, ma senz'altro coinvolgente.


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Francesco Inglima

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