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CREDO Against reason F2 Music 2011 UK

Ogni tanto questa band si sveglia e dà alle stampe un nuovo album. In questo caso si tratta del terzo lavoro in studio che giunge a cinque anni di distanza dall’apprezzato “Rhetoric”; in mezzo a queste due release, il classico DVD pubblicato dalla Metal Mind, specializzatasi gli ultimi anni nell’omaggiare le band inglesi con una serata nel teatro Wyspiański. “Against reason” vede quindi la luce e notiamo innanzi tutto che la line-up del gruppo è ancora identica alla precedente prova, sempre guidata dal cantante Marc Colton e dal chitarrista Tim Birrell. Alle tastiere c’è quindi ancora l’importante contributo di Mike Varty, l’elemento del gruppo dal curriculum sicuramente più nutrito. L’album è composto da 8 titoli, 4 dei quali superano i 10 minuti e solo due puntate al di sotto dei 4 minuti. Ormai abbiamo imparato che non bisognerebbe giudicare un album Prog in base a questi parametri… ma il retaggio di quando, da giovincelli, cercavamo di intuire le potenzialità di un disco dalle durate dei brani è duro a morire. In questo caso la notazione sulle durate è comunque sintomo che il gruppo non ha nessuna intenzione di rendere la propria musica commercialmente digeribile, almeno al di fuori della cerchia degli amanti del Prog. Per ciò che riguarda la prova su strada c’è invece da dire che i nostri hanno sicuramente intrapreso una direzione ben più decisa verso un Prog dal suono moderno e potente, in cui l’eco di Marillion, Landmarq etc rimane sullo sfondo, come base di partenza. Non si parla assolutamente di Prog metal, intendiamoci; a momenti più tirati e dalla ritmica energica fa da contraltare il corpo dell’album che comunque è fatto di Prog non privo di melodia, di momenti orecchiabili e addirittura cantabili, ma sicuramente compatto e ben concepito, con un gran lavoro di tastiere e tempi non sempre lineari e diretti. Esemplare e forse tra i brani più efficaci dell’album è la penultima traccia “Conspiracy (MCF)”, 10 minuti percorsi a perdifiato in cui la band si produce in una furiosa battaglia tra tastiere, chitarra ed un cantato altrettanto mozzafiato. Molti, leggendo qua e là, indicano come il top dell’album la traccia conclusiva, la lunga (oltre 13 minuti) “Ghosts of yesterday”; personalmente ritengo questo brano invece una chiusura appena meno che banale ed il frutto (poco gustoso) forse delle frequentazioni Nolaniane di Varty, tanto Shadowland si respira in questo pezzo, con l’aggiunta di una chitarra decisamente Rotheryana; insomma… tutto molto manieristico, anche se ovviamente non si può parlare di chiusura deludente, ma niente per cui strapparsi i capelli. E’ in pratica l’unico appunto che mi sento di fare a quest’album (forse a causa delle aspettative create da quanto avevo letto in giro) il quale, nella sua globalità rappresenta una conferma di quanto proposto nel gradevole predecessore, con un certo allineamento con quanto oggigiorno viene maggiormente apprezzato nell’ambito del Prog britannico.


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Alberto Nucci

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