Home
 
AKT Blemmebeya autoprod. 2011 ITA

Dunque, dove eravamo rimasti? Gli Abstrakt avevano ridotto il loro nome ad Akt e ci avevano proposto un interessantissimo album, denominato “Dentrokirtos”. A distanza di quattro anni la band si presenta con questa nuova autoproduzione che ha un altro titolo curioso, “Blemmebeya”. Nelle note di copertina è spiegato che si tratta di un “documentario musicale che testimonia ciò che può accadere quando l’assalto dell’informazione riesce a privare un’intera popolazione delle teste, decapitandone il pensiero”. Argomento quanto mai attuale e ben presentato con un booklet che ha le sembianze di un quotidiano (similmente al celebre “Thick as a brick” dei Jethro Tull), con gli articoli che non sono altro che i testi delle canzoni. Dopo una breve introduzione fatta di effetti sonori e di una voce che sembra provenire da una radio in lontananza, è la seconda traccia “L’assalto” che ci fa entrare nel vivo del lavoro con dieci minuti di ricchissimo progressive in cui la tradizione degli anni ’70 di gruppi come Genesis e PFM viene riproposta con eleganza ed enfasi, attraverso passaggi strumentali di squisita fattura dove chitarra e tastiere si incrociano a meraviglia, mentre i ritmi cambiano in continuazione. Nei momenti cantati le atmosfere si fanno più rarefatte ed ascoltiamo melodie vocali molto particolari, che rimandano anche a certo cantautorato colto. Se in “TG Egeo” riaffiorano certe tentazioni Crimsoniane, mescolate con contaminazioni à la Area, nei brani successivi crescono le emozioni attraverso un bel mix di generi, considerando che in “Favonio” e “Mani aperte” si avvertono echi folk, etnici ed un qualcosa di David Sylvian, mentre in “Stati d’animo Uniti” affiorano elettronica, sperimentazione e stravaganti melodie vocali e persino un brevissimo intermezzo vicino al flamenco! Nei dieci minuti di “Di vento” gli Akt ammettono esplicitamente nel testo l’influenza dei CSI (“Voce rauca monocorde, canto come Giovanni Lindo”), “camuffata” con arrangiamenti e voli strumentali di matrice sinfonica e culminanti in un meraviglioso guitar-solo. Brano particolare “Zeitgeist”, con un sound potente e maestoso e timbri moderni che rievocano anche i ProjeKcts di King Fripp. Lenta, malinconica e pessimistica la conclusiva “La fine”, che coinvolge in pieno, anche se il messaggio ultimo appare senza speranza: “Scomparirà la terra, scomparirà la guerra, scomparirà l’eterno timore (...) Non ci sarà neanche il tempo di dire al mondo vuoto: è arrivata la fine.”. Rispetto al precedente lavoro, quindi, ci troviamo di fronte ad un album stilisticamente abbastanza diverso, ma che si contraddistingue comunque per un’intelligenza ed una ricchezza musicale fuori dal comune. Gli Akt hanno saputo fare propria una tradizione pluridecennale di prog e rock italiano (e non solo…); non sono tra i più “pubblicizzati” del progressive della nostra penisola ed è un peccato, perché confermano di meritare le migliori attenzioni e i massimi complimenti, grazie ad una proposta che parte da basi classiche per poi elaborarsi con una personalità fortissima. Ed anche in questa occasione chiudiamo la recensione consigliandovi anche di visitare il loro sito internet, vera gioia per gli occhi e ricco di informazioni e curiosità.


Bookmark and Share

 

Peppe Di Spirito

Collegamenti ad altre recensioni

AKT Dentrokirtos 2007 
AKT II 2016 

Italian
English