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ROUGE CIEL Bryologie Monsieur Fauteux 2010 CAN

Non so se esista uno standard per tutto. Se effettivamente esista un metro di paragone per indicare se un oggetto, un lavoro, un carattere, un opera d’arte, sia sempre e comunque ascrivibile ed assimilabile ad un determinato gruppo omogeneo. Se dovesse esistere un canone per quello che chiamiamo RIO, credo senz’altro che questi Rouge Ciel ci debbano finire dentro. Non che sia un vantaggio o uno svantaggio, semplicemente ascoltando Bryologie mi rendo conto di alcune cose e, soprattutto, ritrovo dei parametri che per me da sempre individuano il jazz prog d’avanguardia e il RIO nella sua più ampia visione henrycowiana. E’ quella miscela di musica folk, jazz, improvvisazione, classica, cameristica, rock, minimalismi, contemporanea mitteleuropea, elettroacustica, progressive crimsoniano e zappiano e tanto altro. E, in questa miscela, così eterogenea il gioco è quello di cavare qualcosa di omogeneo, personale e riconoscibile. In questo i Rouge Ciel sono bravi e già dai loro precedenti lavori tante cose erano chiare, ma ora è tutto limpido e non c’è da stentare nel mettere questa band ai vertici di un genere che raccoglie, semina, raccoglie e semina in continuazione, senza fossilizzarsi, pur utilizzando attrezzi e metodi ben rodati.
Il quartetto canadese, che vede il violinista Guido del Fabbro, il chitarrista Antonin Provost, Nemo Venba che si divide tra batteria e tromba e il ricchissimo Simon Lapointe alle tastiere, riesce a produrre un lavoro davvero mirabile che unisce una splendida tecnica a un grande calore tematico, spaziando da diaboliche improvvisazioni a partiture che paiono persino scorrevoli. In tutto questo gira la musica del CD per nemmeno quarantacinque minuti dalla breve “Bond précisionnel” alla più lunga “Jubilation protozoaire” i due brani che aprono e chiudono il disco e rappresentano i due esuberanti atti di improvvisazione e picchi sperimentali del disco. Si passa poi a momenti prettamente cameristici, come l’avvio di “Imbroglio” o ai fendenti zappiani di “Tess”. Da segnalare senz’altro l’intenso e vivace duetto pianoforte – violino di “Agitato” davvero un grande pezzo. Non meno degne di nota le partiture di “Antimémoire” in delicato bilico tra ritmiche e chitarre crimsoniane e dense oscurità alla Univers Zero. Epica, energica, infernale la title track, otto minuti in un crescendo che arrovella le viscere fino ad un solo di synth di grande personalità.
Una band di grande talento, creativa e senza restrizioni, un disco di grande serietà e professionalità, appassionante, complesso e piacevole. Ecco, senza canoni per creare un disco che rientra in certi canoni, paradossalmente bello.



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Roberto Vanali

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