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THE ONEIRA Natural prestige Musea Parallèle 2011 ITA

Il chitarrista greco Filippos Gougoumis, residente in Italia da un po’ di tempo, ha creato il gruppo Oneira insieme al batterista Erik Spedicato e Giampaolo Begnoni, con i quali giunge al debutto discografico nel 2011. Per l’album intitolato “Natural prestige”, il trio si avvale della collaborazione di Vincent King alla voce e di Oliver Phillipps, tedesco noto per la sua militanza negli Everon (molto attivi negli anni ’90), impegnato alle chitarre e alle tastiere. Il lavoro in questione, dopo una introduzione strumentale che alterna situazioni d’atmosfera guidate dalle tastiere ad altre più tipicamente rock con chitarra in evidenza, si snoda attraverso una serie di brani che presentano un sound di una certa robustezza, mai banale, mai eccessivo e che fa capire come i musicisti viaggino sulla stessa lunghezza d’onda. Il punto di riferimento può essere visto in quel progressive articolato, tecnico e un po’ epico che vede come capiscuola i grandi Rush. Gli Oneira, infatti, puntano su un sound che ha una certa dose di aggressività senza mai perdere di vista l’aspetto melodico, soprattutto nelle parti vocali. Qualche passaggio un po’ più diretto può anche far pensare a certo A.O.R. non troppo ruffiano, come è stato nelle corde di certi Kansas o dei migliori Boston e Journey. Tutte le composizioni sono ben strutturate, hanno i loro cambi di tempo, fanno venir fuori un certo pathos e sono convincenti anche quando emerge un andamento più vicino al rock sinfonico-romantico, con tastiere epiche in bella mostra e trame un po’ più raffinate. Non siamo certo al cospetto di un gruppo che vuole essere innovativo o all’avanguardia; gli Oneira semplicemente vogliono coinvolgere l’ascoltatore con una musica d’impatto che abbini qualità ed un certo tiro. Direi che il loro intento riesce in pieno: gli intrecci strumentali, i bei solos, mai eccessivi in lunghezza o in tecnica, le melodie vocali che si lasciano ascoltare con piacere e qualche riff indovinato denotano un gruppo non pretenzioso, ma con le idee ben chiare e con un prodotto musicale appetibile per non pochi appassionati. Il disco si piazza in pratica a metà strada tra il rock sinfonico e l’heavy-prog e nel suo genere risulta sicuramente valido e interessante.


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Peppe Di Spirito

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