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DAVE WILLEY AND FRIENDS Immeasurable currents AltrOck 2011 USA

Il RIO può essere intimistico e poetico? Direi proprio di sì. E “Immeasurable currents” di Dave Willey ne è una delle prove. Dave, bassista e polistrumentista, dovrebbe essere noto a tutti in quanto leader degli Hamster Theater e per aver rimpiazzato Bob Drake nei Thinking Plague, con i quali ha realizzato gli ultimi due album. Molto improbabile, invece, che gli estimatori del progressive conoscano il padre di Dave, il poeta Dale Willey. Ed è proprio per ovviare a tutto ciò che nasce quest'album. “Immeasurable currents” nasce appunto dal desiderio di Willey figlio di rendere omaggio al padre. Dave decide di usare alcune delle poesie di Dale come testo e di incorniciarle con la sua musica. Per fare ciò chiama a raccolta alcuni suoi amici: tra cui buona parte dei Thinking Plague (Mike Johnson, Dave Kerman, Elaine Di Falco e Deborah Perry) e anche il compianto Hugh Hopper.
É quindi la genesi del disco a renderlo così particolare. L'album è composto da una serie di affreschi, in cui si respira un'aria bucolica e di semplicità, in linea con i testi delle poesie. Un’atmosfera che in teoria sembrerebbe contrastare un po' con l'estrazione avanguardistica dei musicisti, ma che rende l'album unico. In realtà di questo tipo di abbinamento era maestro l'immenso Lars Hollmer e questo album, in alcuni passaggi, lo ricorda molto. Non a caso Willey sceglie spesso di accompagnare la voce con la sua fisarmonica, strumento che era tanto caro anche al musicista svedese.
A cominciare dallo splendido brano iniziale "Too Much Light", dal sapore agreste, le voci eteree della Perry e della Di Falco si inseguono come due fanciulle che corrono spensierate sugli sconfinati prati della campagna americana.
Le stesse atmosfere si respirano anche nei brani scritti con Hopper, "The Old Woods", "Nightfall" e "A Garland of Miniatures". Quest'ultimo è una ballata in cui è solo la fisarmonica ad accompagnare la voce intensa della Perry. In "Mitch" poi Willey è one-man-band e si veste dei panni di un cantastorie.
Sono presenti anche canzoni dal sapore più pop, avant pop ovviamente, un po' alla Slapp Happy: "If Two See a Unicorn", di chiare influenze Beatlesiane, e "What a Night", con Hopper al basso e Johnson alla chitarra, che potrebbe essere la potenziale hit dell'album e con un particolare sapore tutto natalizio.
Nell'album ritroviamo anche i richiami che non ti aspetti, come nel brano "The Conservatives", con un intro che ricorda i pezzi western di Morricone e alcuni rimandi alla PFM. I pezzi più propriamente RIO sono "Wordswords", non a caso scritta da Mike Johnson, e "I could eat you up" che, altresì non a caso, è suonata dallo stesso Johnson alla chitarra e Dave Kerman alla batteria. Entrambi i brani mantengono però quella vena melodica che non abbandona mai l'album.
Altra piacevolissima sorpresa sono i due pezzi firmati da Elaine Di Falco della quale devo qui confessare di non aver mai conosciuto le sue capacità di autrice... fino ad ora!. "Autumn" e "Winter" sono due splendide ballate, sicuramente i pezzi meno RIO di tutto l'album, ma intense e malinconiche, nelle quali, per mio personale gusto, con la sua voce vince il duello con la Perry e si conferma una delle migliori cantanti progressive in circolazione (seconda forse solo alla Restuccia dei Factor Burzaco). Tra i due pezzi è “Winter” quello che mi ha colpito, dove ad accompagnare Elaine c'è un’orchestrina da camera con violoncello, viola, clarinetto, fagotto e l'immancabile fisarmonica di Willey.
Che aggiungere? “Immeasurable currents” è sicuramente un disco di difficile collocazione, che corre il rischio di far storcere il naso sia ai fans del prog avanguardistico che a quelli del prog più melodico. A me personalmente ha regalato tantissime emozioni; non entro nel merito del valore artistico dei testi ma ogni canzone è in sé una piccola poesia musicale. E' disco sincero pieno d'umanità, fatto più col cuore che con la testa, un disco che trasuda l'anima più intimistica e poetica del RIO.


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Francesco Inglima

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