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SIENA ROOT Root jam (Live) Transubstans Records 2011 SVE

Sul finire del 2011 gli svedesi Siena Root danno alle stampe questo doppio live, che sta ad immortalare il meglio di tre serate al Walla Scen di Stoccolma. Chi li ha seguiti anche mediaticamente, si sarà reso conto che l’attività on the road del gruppo scandinavo ultimamente è stata frenetica, spesso filmata dai propri fans.
“Root jam” vuole essere una sorta di “consuntivo”, dove vengono tirate le somme di quanto fatto fino ad oggi, ripercorrendo le tracce di un cammino che ha discograficamente avuto inizio nel 2004. L’approccio odierno alla propria musica è da individuare in quella sfera di ricerca psichedelica presente sull’ultimo “Different realities” (2009) e che senza ombra di dubbio ha fatto in modo che i Siena Root potessero essere inseriti in una dimensione tendente al progressive. Lo spirito del combo viene anche sviscerato tramite la presenza di numerosi ospiti, che in un modo o nell’altro hanno fatto parte della loro grande famiglia.
Pronti-via e dopo un’intro a la Ennio Morricone in versione “Spaghetti-western allucinated”, viene immediatamente piazzata “The Rat”, canzone inedita che sarebbe benissimo potuta comparire sul secondo “Keleidoscope” (2006) e difatti vede come front-girl Sanya, la carismatica cantante di quell’album. L’inizio del primo dischetto è votato all’impatto immediato, come dimostra la seguente “Waiting from the Sun”, cavallo di battaglia estrapolato dal fortunato “Far from the sun” (2008). KG West, che lungo tutto il lavoro sarà costretto a sdoppiarsi tra uno strumento e l’altro, duella con il sitar di Stian Grimstad, rispolverando il sacro concetto delle cavalcate strumentali da eseguire spontaneamente dal vivo, terminando con la classica chiusura in Deep purple-style.“Bhimpalasi” faceva parte di tutta una serie di brani psichedelici e meditativi che in serie occupavano il già citato “Different realities”; in questa sede viene appena preso il tema principale e lo stesso KG, sedendosi al caro e vecchio organo, sempre in compagnia di Grimstad trasfigura completamente il pezzo in una lunga jam di lisergia allo stato puro, articolata in continui botta e risposta. Un ottimo punto focale per comprendere l’importanza del lavoro continuo di basso ad opera dell’eccellente Sam Riffer nella musica dei Siena Root, senza dimenticare ovviamente il fantasioso batterista Love H. Forsberg.
A questo punto è la volta del nutrito omaggio all’esordio intitolato “A new say dawning”, con “Into the Wood” e “Words”, entrambe eseguite assieme al vocalist e tastierista d’allora, Oskar Lundström. La prima è un caloroso ritorno sulle piste dei Black Sabbath settantiani meno doom, con l’aggiunta del flauto di Anna Sandberg e la ghironda di Tängman che ne amplificano l’aspetto romantico nel finale; la seconda, invece, è nettamente migliore dell’originale in studio (che era già bella di suo), diventando un versione di oltre dodici minuti all’insegna dei lunghi duelli chitarristici tra KG ed il bluesman Maxi Dread, con tanto di assolo percussivo e ancora ghironda.
Secondo cd ed ancora fari puntati su “A new…”, ma con una interpretazione acustica e quindi totalmente differente di “Trippin” ad opera dei due sopra citati chitarristi. Ottima la prova vocale del nuovo ospite Jonas Ahlen, lasciando quindi alla voce la carica emozionale, adottando gli strumenti come semplice e discreto commento sonoro. Un’energia che viene spezzata soprattutto con la successiva “Bhairavi Thumri”, altro pezzo di “Different…” modificato in sede live, in cui KG West passa al sitar, Love al duff (un particolare tipo di tamburo) e Sam al darabouka (altro strumento a percussione, appartenente alla famiglia dei membranofoni).
Dopo l’intermezzo rilassante, Ahlen torna dietro il microfono per “Dreams of Tomorrow”, uno dei momenti migliori in assoluto, cantando con uno stile se possibile ancora più bluesy di Faraj, in cui ancora una volta Maxi Dread e KG si sfidano a viso aperto. Sempre dallo stesso album, “Far from…”, spunta “Long Way Home” con l’organo hammond struggente di KG e resa ancora più epica dal violino di Martin Stensson e dal solito Ahlen.
Finale lasciato definitivamente alle jam dell’inedita “Rasayana”, dove torna Stian Grimstad al sitar, ed alla chilometrica (spesso sabbathiana) “Reverberation” da “Kaleidoscope” (album parecchio trascurato, ma ci sarebbe voluto almeno un triplo!), con commenti ad effetto eseguiti dal flauto della Sandberg sulle note ruvide dell’hammond, assieme agli interventi della ghironda di Tängman.
Che i Siena Root cambino spesso interpreti dei loro pezzi rientra nello spirito di voler offrire sempre qualcosa di nuovo ai propri ascoltatori, senza fossilizzarsi sui soliti giri di note. Ciò che dovrebbe in pratica capitare un po’ più spesso nei live e nell’arte musicale in generale.
Detto che “Root jam” può essere un bellissimo regalo da fare a chiunque apprezzi certe sonorità, il consiglio finale, paradossalmente, è di non farsi ingannare dalla piacevolezza del primo ascolto. Si rischierebbe infatti di liquidarlo come la solita bella pubblicazione dal vivo, niente di più. Ed invece, ascoltandolo attentamente diverse volte, ci si renderà conto che c’è molto ma molto di più. Un confluire di mondi tanto paralleli quanto convergenti, capace di mettere d’accordo differenti tipologie di ascoltatori. Non sembra essere poco, anzi. I particolari da cogliere ed apprezzare sono tanti. Buon ascolto!


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Michele Merenda

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