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EMISFERI PARALLELI Il giardino delle delizie autoprod. 2012 ITA

Nati nel novembre 2008 a Spoleto (c’è fermento in Umbria, ultimamente…) dopo che Alessandro Esposito (tastiere), Fabrizio Felici (chitarre) e Luca Arcangeli Conti (basso) avevano militato assieme nei Semi Infermità Mentale, l’anno successivo gli Emisferi Paralleli completano la formazione con Andrea Benedetti (primo vocalist proprio dei Semi Infermità Mentale) e Alessio Silvioli (batterista dei Lost In Oblivion). Tre anni dopo la definitiva stabilizzazione, la giovane band auto-produce “Il giardino delle delizie”, concept album di prog metal sinfonico ispirato all’omonimo quadro del pittore fiammingo cinquecentesco Hieronymus Bosch, vero e proprio artista dell’estrinsecazione su tela del caos interiore traslato sulle percezioni della realtà circostante. All’interno della confezione cartonata, apribile a libro, vi è proprio il famoso trittico di Bosch.
Come già scritto da altre parti, il prog metal è diventato da tempo un fenomeno in cui è stato detto praticamente tutto ed in breve tempo, quindi risulta ben arduo proporre composizioni che dicano qualcosa di nuovo all’ascoltatore. Eppure, sarà magari per l’argomento che ha richiesto un certo sforzo compositivo, gli spoletini riescono a creare qualcosa che non sia la solita minestra riscaldata di riff e controtempi. Ne sono la prova i due pezzi che compongono il Prologo: “Il terzo giorno” è un’introduzione pienamente sinfonica e “Metastabilità” dimostra come si possa cantare in italiano anche su questo genere, apparendo convincenti e per nulla banali o pacchiani.
Forse i pezzi in cui sono maggiormente presenti i cliché theateriani sono “La creazione di Eva” e “La legge del contrappasso”, ma “La danza della lussuria” ha come punto di riferimento, inequivocabilmente, la PFM; un ballo scatenato in cui il vecchio prog italiano viene riproposto in chiave “metallizzata”, con un testo ragionato e perfettamente in linea con la musica proposta. Belle anche le brevi “Dialoghi a tre voci”, puramente sinfonica e “Fragile sfera”, dettata dal pianoforte.
“Inferno musicale”, come suggerisce il titolo, è l’esplosione di quel caos artistico di cui si parlava prima. Un viaggio che il pittore compie dolorosamente fuori se stesso, vivendo quelle dimensioni dove si odono “strazi e lamenti” ed in cui “risuona la dannazione”. Nella seconda parte, che definire psichedelica è un eufemismo, si sente persino un motivo che accenna ad “All the saints”!
La conclusiva “Congiunzione astrale” è il brano migliore, una tragica ballata in cui ci si unisce infine all’Essenza universale ed in cui il protagonista coglie il significato del Creato, con un assolo delle sei corde liricamente ispirato. Si termina con una ghost-track (sembrano essere tornate di moda), cioè la versione strumentale del precedente pezzo.
Questo esordio è dunque da ritenere un capolavoro o una pietra miliare del genere? No, non esageriamo. C’è comunque molta ricerca, sia musicale che letteraria. E desiderio di mettersi in gioco, senza puntare sul sicuro e quindi sparire nella moltitudine. Sicuramente una scelta che comporta i suo rischi, ma del resto, come viene cantato alla fine, la vita umana non è altro che un gioco della follia!


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Michele Merenda

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