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JACK JEFFERY |
The constant that remains |
autoprod. |
2012 |
USA |
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Questa è la seconda (auto) produzione di questo musicista americano che, con “ The constant that remains“, si immette nella fila dei personaggi che si rifanno al suono floydiano (con influenze classiche, psichedeliche, e con un tocco di World Music, che vengono fuori in maniera sparsa nel corso del cd). In questo caso il filone più battuto è quello The Wall/Final Cut. La voce di Jack Jeffery ricorda (alla lontana) quella di Roger Waters e in certi momenti (vedi “Rearranged”, dove le citazioni a “Hey You” sono molto evidenti) sembra proprio di trovarci davanti ad un tributo al gruppo inglese. Come tutti i progetti one-man-band, questo lavoro è penalizzato dal fatto che non ci sono musicisti “di ruolo”; il ruolo principale è delegato alla chitarra acustica che è la vera protagonista di tutto questo “The constant that remains”, ma mancano i “colori forti” (vedi quelli della tastiera dai suoni piuttosto piatti) tali da far distinguere chiaramente una composizione rispetto all’altra. Il brano migliore tra i dodici che compongono questo lavoro è sicuramente “The Sirius Wall”, dove i Pink Floyd vengono mischiati con momenti alla Mike Olfield e alla Brian Eno, riuscendo a creare un’atmosfera musicale realmente suggestiva e coinvolgente. Anche “Valencian Cosmos” è influenzata dai lavori di Mike Olfield (vedi “Tubular bells” vari..) e riesce a toccare un altro picco creativo in questi quarantacinque minuti musicali. In fin dei conti il risultato finale non è da buttare, anche se logicamente non fa gridare al miracolo e non ha nell’originalità il proprio punto di forza. Tuttavia Jack Jeffery, aiutato da altri compagni di viaggio, può veramente trovare una strada musicale che lo faccia uscire dal calderone delle centinaia di gruppi che suonano tutti allo stesso modo.
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Antonio Piacentini
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