Home
 
DORIS BRENDEL AND LEE DUNHAM Not Utopia Sky Rocket Records 2012 UK

Dopo “The last adventure” del 2010 giunge un nuovo album per la cantante britannica Doris Brendel, accompagnata dal polistrumentista Lee Dunham, noto per i suoi trascorsi con i Primary Slave. Talvolta (ed anche per la musica della Brendel) si parla di “progressive pop” e sicuramente questo termine si adatta benissimo ai contenuti di “Not Utopia”. Ci troviamo di fronte, infatti, a dodici canzoni di minutaggio contenuto (solo una supera i cinque minuti), dalla struttura ricca di sfumature, ma comunque orecchiabile, dando giusta attenzione alla melodia e alternando tratti aggressivi a spunti più tranquilli e raffinati. La Brendel ha una voce dal timbro molto particolare, che ben si adatta ai vari umori presenti nel corso del lavoro. Il primo brano “No lonely girl” è piuttosto emblematico, con chitarre rock abbastanza ruvide, tastiere tecnologiche e la vocalist che graffia con la sua ugola, facendo pensare a Beth Gibbons dei Portishead in un contesto di moderno hard rock. “Ebay” è una delicata ballata in partenza guidata dalla chitarra acustica e all’inizio è Dunham a cantare, ma dopo un minuto subentrano il piano e la voce di Doris e l’atmosfera pian piano cresce di intensità, mentre con “Drawing the line” e “Thank you” sembrano seguiti certi sentieri tracciati da Alanis Morrisette. “Going out” e “Not Utopia” ci riportano indietro nel tempo, con un pop-rock elettronico che rievoca un po’ gli album dei Blondie. Molto bella “Passionate weekend”, con i suoi colori in chiaroscuro, gli ottimi interscambi tra piano e chitarra elettrica e i cambi di atmosfera segnati bene anche dalla prestazione vocale. In pezzi più docili come “Beyond words” e “Kind to be cruel” emerge una forte vena malinconica, che la presenza di archi contribuisce a far crescere ulteriormente. Le altre tracce “Too bad to be good”, “Conflicted” e “You’re so not” mettono in risalto l’animo più tipicamente rock, che a volte è irrobustito soprattutto i suoni della sei corde, a volte sembra tentare un processo di contaminazione dagli intriganti spunti strumentali. Forse i molteplici riferimenti possono far confondere e/o trarre in inganno, ma comunque il disco è scorrevole e si denota una certa personalità. Il tutto è sicuramente molto gradevole all’ascolto; difficilmente un lavoro del genere entrerà nelle top-list di fine anno, ma se vi piace il rock al femminile non banale e non conoscete la Brendel io vi suggerisco di procurarvelo.


Bookmark and Share
 

Peppe Di Spirito

Collegamenti ad altre recensioni

DORIS BRENDEL The last adventure 2010 
DORIS BRENDEL AND LEE DUNHAM Upside down world 2015 
THE VIOLET HOUR The fire sermon 1991 
THE VIOLET HOUR The fire sermon 1991 (2009 Sky Rocket Records) 

Italian
English