Home
 
OCTOBER TREE The fairy's wing Canvas Productions 2012 USA

Gli statunitensi October Tree, che hanno nel chitarrista Greg Lounsberry e nella vocalist Tammy (sua moglie) i due artefici principali, esordiscono con un concept album, “The Fairy’s Wing”. Storie di fate, streghe ed orchi (scritte dal chitarrista) ben supportate dalle melodiche e lineari composizioni della band.
Seguiamo le vicissitudini di una giovane innamorata che, per guarire dal suo “mal d’amore, consulta una strega. Il rimedio consigliato consiste nel prendere le ali di una fata, con la tragica conseguenza della morte della stessa. Ossessionata dalla sua tremenda azione, la fanciulla fugge nella foresta dove, incontrando vari personaggi, avrà modo, attraverso l’accettazione di sé, di trovare un nuovo equilibrio interiore. Ai due summenzionati deus ex machina si aggiungono tre membri dei Canvas (a cui Greg appartiene e di cui Tammy ne è da poco la cantante) e cioè Matt Sweitzer (basso), Chris Cobel (tastiere) e John Swope (batteria).
In alcuni brani Daniel Lounsberry (il figlio…) si aggiunge al gruppo con il suo Hammond.
La prima impressione che si ricava ascoltando “The Fairy’s Wing” è che la voce di Tammy è incredibilmente simile a quella di Stevie Nicks dei Fleetwood Mac ed in alcuni momenti (se non proprio in brani interi) anche il sound va a sfiorare quello dei “Mac” (il pop raffinato di fine ’70-inizio ’80 ovviamente, non quello degli esordi blues), come ad esempio nella title track ed in “Dark Carnival”.
Qualche sottile aggancio progressive si ha con la chitarra gilmouriana che ogni tanto apprezziamo (ancora “Dark Carnival” e “The Ogre”) o anche con il primissimo Hackett solista (l’acustica “Parallels”, davvero un gioiellino). Per la presenza della voce femminile è evidente qualche rimando ai Magenta e (più accentuato) ai Mostly Autumn.
Nel complesso l’operazione October Tree, seppur piacevole, pare concepita più per mettere in evidenza le doti canore della Lounsberry, piuttosto che l’aspetto strumentale che solo a sprazzi si eleva sopra ad un pop rock di maniera. Peccato.


Bookmark and Share
 

Valentino Butti

Collegamenti ad altre recensioni

CANVAS Avenues 2003 

Italian
English