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JESETER Proměna autoprod. 2012 CZE

Avevamo conosciuto questa giovane e promettente band in occasione dell’esordio discografico del 2007, intitolato “Slavnost pro jednoho”, che si era rivelato interessante sotto diversi punti di vista, a partire dai suoi richiami stilistici. Sebbene gli Jeseter avessero iniziato la loro carriera, nel 2005, suonando pezzi degli Yes, le loro produzioni si sono spostate successivamente verso il Progressive Rock del loro territorio, con Modry Efekt e Synkopy in prima linea, grazie anche alla voce di David Tobiasz che continua a ricordarmi molto quella di Lešek Semelka. Semelka fu scelto come nuovo cantante dei Modry Efekt, al posto di Mišík, perché cantava in ceco e anche Tobiasz ha scelto di esprimersi nella sua lingua, aspetto questo che conferisce alla musica del suo gruppo una connotazione davvero particolare, che inconfondibilmente la lega ancora più a fondo alle sue radici. Prog sinfonico quindi, ma anche prog ceco che le giovani generazioni hanno purtroppo spesso trascurato, dimenticando una tradizione musicale originale e ricca di bravi protagonisti.
Il nuovo lavoro, il cui titolo significa “trasformazione”, è centrato su una lunga suite di venti minuti, che porta lo stesso titolo dell’album, e che è divisa in tre movimenti. La progressione del brano è lenta e le trasformazioni avvengono gradualmente, puntando molto sulle scelte melodiche e sulle atmosfere, sviluppando appieno ogni scenario sonoro, senza riempirlo all’inverosimile. La chitarra di Jan Gajdica, che neanche a farlo apposta mi ricorda proprio quella di Hladík, ha un ruolo molto importante: viene preferita una timbrica molto pulita e non mancano accenti blues, assoli lunghi e melodici ma anche riff che conferiscono all’occorrenza un aspetto più rockeggiante al brano. La chitarra è fondamentale nella struttura del pezzo ma non lo travolge mai, lasciando garbatamente spazio al cantato, spesso sognante. Anche le tastiere di Robert Hejduk, seppur ben rappresentate, non sono mai invadenti. A volte sono un sottofondo avvolgente, altre volte emergono con timbriche somiglianti a quelle dei Synkopy e altre volte ancora sono decisamente più new prog. Non mancano i momenti più sinfonici ed intrecciati ma vengono disseminati lungo il lento cammino di un pezzo estremamente dilatato che non perde mai la sua consequenzialità e la sua scorrevolezza. Non ho ancora parlato della parte ritmica, con il basso di Martin Šimíček e la batteria di Lukáš Krejčí, forse perché non sono particolarmente appariscenti ma questa scelta va a beneficio della musica che può contare su un sostegno preciso, elegante e robusto, anche se discreto.
La suite è affiancata da due pezzi più brevi, “V zahradách stromů” e “V baru Tam na předměstí”, che raggiungono comunque la durata non trascurabile di sei e nove minuti rispettivamente. La prima di queste due tracce parte come una ballad per chitarra classica e voce ma si trasforma successivamente in un elegante brano dalle fragranze new prog, rinvigorito da bei guizzi sinfonici. Il secondo brano ha un appeal più oscuro, con una apertura di piano e basso che indugia in modo misterioso per poi dare spazio a splendide concatenazioni di chitarre e tastiere. Il disco non finisce però qui e troviamo altri due brani segnalati come bonus. La breve “Milovník života”, con la sua performance vocale un po’ cabarettistica, potrebbe ricordare qualcosa di Pavol Hammel. Anche la musica è molto divertente e teatrale con un vivace violino che arricchisce gli arrangiamenti. La seconda ed ultima bonus, “Homunkulus”, risale al 2010 e presenta una registrazione più approssimativa che comunque non rovina assolutamente la carica tetra ed imponente del brano, questa volta sanguigno e molto più tarato verso lo hard rock con atmosfere che potrebbero ricordare il Biglietto Per L’Inferno.
Nel prossimo futuro degli Jeseter sembra esserci un’opera rock basata sul celebre romanzo di Hesse "Siddharta", in cui la band promette di arricchire la strumentazione e sono molto curiosa di vedere quello che verrà fuori. Le premesse per fare un ulteriore balzo di qualità ci sarebbero tutte, magari mettendo più enfasi e sperimentando un sound più corposo con arrangiamenti più elaborati. Quello che possiamo ascoltare adesso, con la formula qui proposta, va benissimo comunque, nella sua essenzialità, nella sua eleganza, nella bellezza delle atmosfere e nella sua forte connotazione progressiva nazionale. Se amate certo prog dell’Est troverete questo album decisamente interessante, anche se, lo ripeto, mi aspetto di trovare questa band molto più avanti con la prossima prova in cui si prevedono ulteriori margini di miglioramento.


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Jessica Attene

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