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DEMIAN CLAV Adrift Vocation Records / Yajina Editions 2013 FRA

Torniamo a seguire questo bizzarro ensemble francese, giunto con “Adrift” al suo terzo album. Dopo qualche cambiamento di formazione troviamo oggi Dominque Cavreul (voce, chitarra e tastiere) accompagnato da Jean-Charles Wintrebert (batteria, tastiere e violoncello) e Jean-Yvres Brard (basso), nonché da vari ospiti alle voci, alle tastiere, ai violini e alla chitarra. Il nuovo album non fa che confermare certe scelte dei Demian Clav, nuovamente indirizzati a trovare un filo comune tra rock gotico, sperimentazione e classica moderna, accentuando soprattutto queste ultime due caratteristiche. “Adrift” va inoltre inquadrato come il primo lavoro che narra le gesta di Scardanelli, nome adottato dal filosofo e poeta Friedrich Hölderlin e dovrebbe quindi esserci un seguito a questo concept.
L’incipit “Fall” ci porta subito in questo mondo musicale misterioso con le note drammatiche del piano e del violoncello a creare una base classicheggiante, sulla quale la voce profonda di Clavreul accentua le caratteristiche uggiose del brano. Dopo i tre minuti e mezzo, l’entrata della batteria e della chitarra vivacizzano le cose: inizialmente i ritmi si mantengono pacati e ci si mantiene su un sound onirico un po’ à la Pink Floyd, poi nel finale una piccola accelerazione. Se già si avverte un senso di claustrofobia con questo inizio, il seguito accentua questa sensazione: gli archi ossessivi e minacciosi e le voci recitate di “Eventyr”, il dark-rock di “Holy road”, le stravaganti sonorizzazioni di “The art-scattered surface of the Earth” (con tanto di sussurri, tappeti orchestrali, scoppi e rumori di spari) e della conclusiva “Annonciation”, la delicata malinconia di “Living sculpture” e della ballata “Slow boat to nowhere” seguono questo percorso sonoro a tinte fosche che i Demian Clav affrontano con grande sicurezza. Chiaramente percettibile l’influenza di numi tutelari quali In the Nursery e Lycia, ma il tutto è proposto con una certa personalità, cercando a volte vie legate al progressive rock, altre volte un maggiore legame con la musica colta. Composizioni come “Edelweiss flight” e “All night party”, inoltre, sembrano unire certe esperienze stranianti di Nick Cave e Roger Waters.
Alla lunga il disco si fa un po’ pesante, visto che le atmosfere si mantengono abbastanza statiche e il poco dinamismo fa sì che sia difficile sorbirsi tutto d’un fiato i quarantatre minuti di “Adrift”, opera comunque intrigante, perfettibile e destinata agli amanti del versante dark della musica.



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Peppe Di Spirito

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