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ACTIVE HEED Visions from realities autoprod. 2013 ITA

La peculiarità nel progetto Active Heed consiste nel fatto che Umberto Pagnini, mastermind dietro tutte le composizioni e le liriche, assuma il distaccato ruolo dell'autore senza partecipare all'esecuzione strumentale del lavoro. Confidando nella fruttuosità delle collaborazioni musicali con le persone giuste in ciascun ruolo, il compositore milanese, qui al debutto, affida le proprie creazioni alle doti polistrumentistiche di Lorenzo “il Magnifico” Poli (arrangiamenti, basso, chitarre, tastiere, effetti... insomma un vero uomo rinascimentale, come il soprannome suggerisce), al talento canoro del norvegese PelleK (vocalist nell'omonima band power-metal nordica), alle percussioni di Giovanni Giorgi e all'esperienza di Alberto “Einstein” Callegari in fase di registrazione. Troviamo anche due ospiti dietro il microfono: la cantautrice Marit Børresen e quel Mark Colton che finalmente si sta godendo l'allargamento dei consensi verso i suoi Credo, caparbia band neo-prog britannica.
Se passiamo al setaccio le influenze musicali di Umberto, notiamo che il progressive rock la fa in effetti da padrone, con la citazione di antichi e moderni capisaldi del genere. Ed è innegabile che ciò si ripercuota nelle quindici tracce contenute in questo lavoro apparentemente concettuale, composto di brani di breve durata ma spesso legati nell'esecuzione e dalla scelta dei titoli. Eppure si corre il rischio di sottovalutare il peso specifico della proposta, almeno al primo ascolto, essendo il tutto molto scorrevole: gli strumenti mai si “pestano i piedi”, le melodie sono cristalline, la voce di PelleK suadente (ma mutevole in prossimità delle note alte, con un vago “effetto LaBrie”, se così posso dire)... insomma, la prima impressione è quella di un pop-rock elegantissimo, con palesi influenze prog (ad esempio, la melodia di “Usual plays in Heaven” sembra fatta della stessa materia degli hit singles dei Keane, solo arrangiata con più fantasia!).
Non che il giudizio cambi radicalmente ripetendo gli ascolti, ma almeno ci si forma un'idea più compiuta, e forse si può affermare che la stessa attrattiva dell'album è un'alternanza tra momenti più easy, spesso elettroacustici (“Flying like a fly”, “Forest and joy”), parentesi romantiche (“If I will never be”, con archi e armonie vocali) e brani arrangiati in modo più corposo, molti dei quali concentrati a metà lavoro: “Every ten seconds before”, con un invitante incipit guidato da piano e organo, o l'orecchiabilissima “FFF Flashing fast forward” con la sua caratteristica cadenza chitarristica.
La godibilità è dunque il punto forte di questo “Visions from realities”, che può vantare una pressoché totale assenza di cadute di stile, tipiche invece di molti esordi discografici; certo è che una sola sbirciata all'artwork di copertina riempie di promesse di paradisi sinfonici che potrebbero poi non trovarsi, ma per una volta ciò può rappresentare un dono, quello di restituirci la capacità di apprezzare una relativa semplicità. Gli Active Heed sono... attivi anche sul fronte dell'autopromozione e sono certo che l'ottimo lavoro svolto e la consapevolezza delle proprie capacità garantirà loro la giusta quota di rispetto, anche (e forse soprattutto) fuori dai confini nazionali.


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Mauro Ranchicchio

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