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KOSMORATIK |
Bridges and boats |
Kosmorama Sound |
2013 |
NOR |
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A un solo anno di distanza di un anno dall'esordio “Gravitation”, arriva il secondo lavoro dei Kosmoratik guidati da Eivind Johansen, vocalist e principale autore, di nuovo coadiuvato dal versatile polistrumentista Odd Gunnar Frøysland (chitarre, basso, tastiere, mandolino, percussioni e molto altro ancora!) e dall'angelica voce di Lise Lotte Ågedal, interprete versatile, a suo agio nel passare dagli standard del jazz vocale al rock alternativo e viceversa. Il trio, affiancato in studio da un batterista, un sassofonista, un'oboista e dal quartetto d'archi Strings Unlimited, conferma con questo lavoro la predilezione per stilemi floydiani fusi in modo fluido e naturale con tendenze cantautoriali e arrangiamenti cameristici. La title-track, posta in apertura, esemplifica perfettamente questa commistione di elementi: un delicato duetto vocale tra Eivind e Lise, una melliflua slide guitar ed un sax soprano a rievocare gli ultimi Pink Floyd. Lo stile vocale è spesso narrativo, come nelle tre intimistiche tracce successive legate a mo' di medley: “Metadata” arrangiata per piano ed archi, “Waiting for you”, unico brano cantato da Frøysland e “Be here now”, col suo ipnotico arpeggio di piano elettrico, le sue liquide punteggiature di synth, e l'ispirato solo di chitarra in chiusura a rammentare alcuni episodi del David Gilmour solista, in particolare il suo lavoro “About face”. Al contrario, fanno un po' storia a sé la ballata romantica “Be”, cantata da Lise su un tappeto di soli piano, archi ed oboe e “Strangest dream”, la più grintosa del lotto, con arrangiamento full band, la chitarra graffiante di Odd Gunnar e ancora un'impeccabile prestazione vocale di Lise. Merita una menzione “If I follow you”, un più tradizionale brano acustico confessionale, che rievoca in modo quasi subliminale la splendida “Genesis” di Jorma Kaukonen, impreziosita dal glockenspiel che le dona inoltre un vago sapore di Jethro Tull. Infine, “Anchor and compass (classic rock)”, come rivela il sottotitolo, è un omaggio esplicito ai sixties e ai seventies anche qui troviamo un cantato appena sussurrato e le note dilatate di una chitarra elettrica tra blues e psichedelia eppure perfettamente a braccetto con violini, viola e violoncello. In conclusione, devo ammettere che il primo ascolto dell'album mi ha lasciato un po' deluso, forse perché attendevo grossi passi avanti, considerando il sodalizio ormai consolidato tra i due autori e il rodaggio on the road cui la band accenna nella presentazione stampa; in realtà la dimensione dei Kosmoratik è questa (“song-based”, ammettono orgogliosamente), ed attendersi stravolgimenti sarebbe forse chieder loro di snaturarsi in nome di una complessità composizionale che non gli si addice. Per un ascolto piacevolmente confortante, si può andare sul sicuro con “Bridges and boats”.
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Mauro Ranchicchio
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