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ANTONIO SEVERI |
Sunday morning |
Piriolirio Records |
2013 |
ITA |
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Antonio Severi è conosciuto dal pubblico rock progressive per la sua militanza nel gruppo Stereokimono, anche se nel suo curriculum possiamo trovare varie collaborazioni che spaziano dall’elettronica all’ambient, dalle cover dei Police al gruppo teatrale. Questo album, interamente strumentale e interamente dedicato alle chitarre, ci mostra forse l’aspetto più vero, più intimo e quindi più libero di questo artista. Aspetto che può già essere colto dalla bellissima copertina del maestro Enrico Zappitelli, che ritrae un ciclista che si riposa su una panchina di un parco cittadino. Un uomo che riprende fiato dalle fatiche quotidiane godendosi il fresco di un parco per ripartire nella routine quotidiana. Ed è quello che capita spesso di fare a chi suona una chitarra, ossia il prendersi una pausa dal mondo che lo circonda, suonare note che compongono quadri sonori sempre diversi e sempre veri perché ci rispecchiano per quello che siamo. Di solito quei quadri sonori rimangono chiusi nel segreto dei nostri cuori, in questo caso Antonio Severi li mostra a tutti ed il risultato è veramente ottimo. Gli undici brani che compongono questo “Sunday morning” sono suonati con chitarre acustiche, classiche, folk e a dodici corde e spaziano tra il folk, il rock progressive, arrivano al blues fino a toccare vagamente territori new age. Le influenze chitarristiche di Antonio Severi sono molteplici, da Anthony Phillips a Steve Hackett, da Mike Oldfield fino a John Renbourn, da Al di Meola a Michael Hedges fino ad arrivare ad Andy Summers. Il risultato che viene fuori dal miscelare nomi così importanti non è un minestrone dove i sapori non si amalgamano. Al contrario “Sunday Morning” risulta completo e unitario, ricco di sfumature certo, ma mai inserite per fare a pugni una vicino all’altra. Non c’è bisogno di stupire quando sei padrone dello strumento che suoni e uno come Antonio Severi non deve dimostrare niente a nessuno. La bellezza di questo lavoro sta proprio nel fatto che le note che escono dalle corde pizzicate, fluiscono in maniera naturale e semplice verso chi ascolta. Uno degli appunti che di solito si possono muovere verso dischi di chitarristi fingerpicking è quello che risultano spesso tutti uguali uno all’altro, suonati bene certo, ma senza anima. Nelle undici tracce di questo lavoro di anima ce n’è veramente tanta, come c’è tanta personalità e tecnica. Sono dischi come questi che ti fanno venir voglia di prendere la chitarra in mano e intraprendere un viaggio, come quelli che a volte si fanno senza meta con la macchina, partire con una nota o un accordo e andare a vedere dove si va a finire…vi assicuro che di solito è molto più bello e divertente di rifare una Horizons in maniera perfetta. Un disco che è stato una bellissima sorpresa.
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Antonio Piacentini
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