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THE WORM OUROBOROS Of Things that never were AltrOck / Fading 2013 BLR

Se ci limitiamo all’ultimo decennio, quando si parla di progressive rock unitamente alla Bielorussia pensiamo unicamente (o quasi) ai Rational Diet e tutto ciò che ne è scaturito a valle della loro separazione (Five Storey Ensemble, Archestra). Adesso, con l’uscita di “Of Things That Never Were” dei The Worm Ourboros” (nome di un racconto fantasy di Eric Rücker Eddison), possiamo aggiungere una nuova faccia al prog bielorusso. Una faccia certamente meno originale e più vicina al prog classico inglese, ma certamente interessante e che dunque vale la pena di scoprire.
Partiamo col dire che anche i The Worm Ouroboros in qualche modo ruotano attorno all’universo Rational Diet e infatti tra le file annoverano agli ottoni Vitaly Appow. La parentela però finisce qui. Infatti il buon Vitaly, pur impreziosendo il sound con la sua bravura, copre più un ruolo di guest star di lusso che di protagonista. Il combo bielorusso è infatti capitanato Sergey Gvozdyukevich vero deus ex machina della band: compositore della quasi totalità dei brani, co-produttore, tastierista, bassista, chitarrista, flautista e anche cantante. Il suo braccio destro è il chitarrista Vladimir Sobolevsky, co-produttore e autore di un brano. La sezione ritmica, composta dal bassista Alexey Zapolsky e il batterista Eugene Zarkhin, completa la band assecondando con diligenza e agilità le composizione anche ritmicamente complesse di Sergey.
La musica proposta, come già detto, pesca a piene mani tra i mostri sacri di terra d’Albione ovvero i Genesis (in particolare quelli di “Trespass”), Van Der Graaf, King Crimson, la scena di Canterbury e in particolare i Camel. Tuttavia in alcuni frangenti ricordano anche i Flower Kings prima maniera. I pezzi, tra loro molto variegati, hanno, ahimè, più o meno tutti l’unico “difetto” di lasciarti la classica e un po’ fastidiosa sensazione di “già sentito”. Non c’è niente di nuovo!
Sergey Gvozdyukevich sa scrivere piacevolissime melodie dal raffinato senso armonico e, alle volte, riesce a conferire quel pizzico di originale follia che non guasta mai. Ed è infatti proprio il brano più folle, “The Pear-Shaped Man“, ad essere uno dei picchi dell’album e in cui per altro il buon Sergey dimostra di cavarsela molto bene anche come cantante.
Come tutti i prodotti gli AltrOck/Fading anche “Of Things That Never Were” è prodotto in maniera impeccabile e professionale, con un sound volutamente vintage e fresco al tempo stesso. Considerando che si tratta di un esordio, il giudizio finale non può che essere più che soddisfacente. L’album si lascia ascoltare con estrema gradevolezza rimescolando con naturalezza sapori già noti e farà di certo la gioia di tutti gli amanti e nostalgici del prog più classico.


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Francesco Inglima

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