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AGORÀ Ichinen Immaginifica 2014 ITA

Tra le tante, forse troppe, reunion di gruppi storici del decennio d’oro del progressive italiano, il ritorno sulle scene dei marchigiani Agorà mi ha fatto particolarmente piacere. Non che siano stati particolarmente più bravi degli altri, ma piuttosto perché nell’arco della loro carriera non hanno mai avuto i riconoscimenti che meritavano, forse perché sono emersi fuori tempo massimo nel secondo lustro degli anni 70 quando ormai la “moda” progressive andava svanendo o forse perché spesso sono stati bollati un po’ troppo frettolosamente come una copia dei ben più famosi Perigeo. Ad ogni modo in quel periodo ci regalarono due piccoli gioiellini di jazz rock mediterraneo quali “Live at Montreaux” e “Agorà 2”; dopo questi due album fecero perdere le loro tracce. Ho sempre voluto pensare che l’abbandono delle scena fu dovuto più ad una mancanza di successo che ad una mancanza di ispirazione e che il gruppo marchigiano avesse ancora diversi colpi in canna. I risultati prodotti dalla loro reunion e il loro ultimo album “Ichinen” stanno pienamente confermando la mia tesi. Gli Agorà si riformano nel 2000 per merito di quattro membri storici: il chitarrista Renato Gasperini, il sassofonista Ovidio Urbani, il bassista Lucio Cesari e il batterista Mauro Mencaroni. Quest’ultimo verrà sostituito nel 2012 da Massimo Manzi che suona in buona parte dei brani dell’album. Al nucleo storico si sono aggiunti una moltitudine di musicisti che arricchiscono enormemente la proposta della band.
Spesso questi ritorni non mi convincono, lasciandomi sempre la sensazione di qualcosa di forzato e autocelebrativo o di artisti che affannosamente cercano di rincorrere il tempo che fu, una sorta di “vorrei, ma non posso” con risultati che spaziano tra il carino e il mediocre. Tutto ciò non è il caso degli Agorà. Con “Ichinen” gli Agorà ci propongono la loro attualità, non scimmiottano il loro passato, ma con estrema naturalezza ci mostrano la loro nuova anima: acustica, pacata, meditativa e matura. Anche quando ci ripropongono brani del passato lo fanno reinterpretandoli con questa loro nuova consapevolezza e rendendoli affini con le nuove composizioni. Il nome stesso dell’album “Ichinen” si rifà ad una metodologia buddista, a testimonianza della pace interiore raggiunta dai musicisti.
La musica rispecchia la nuova anima della band ed è ancor più diretta verso sonorità mediterranee, in un mix delizioso tra Jazz e World-Music. Quello che colpisce maggiormente è la ricchezza di colori. Troviamo reminiscenze di raga indiani, fado portoghese, temi etnici, ma anche spunti canterburiani e momenti più propriamente fusion. In un certo senso possono ricordare gli Indaco, ma gli Agorà sono più omogenei. I vari musicisti entrano ed escono dalla scena con leggerezza e con interventi mai banali, creando un armonia in cui ogni strumento non ruba mai la scena all’altro, ma ogni musicista esalta la propria classe al servizio degli altri. Si lavora tutti in perfetta simbiosi e la somma d’insieme, come in un sistema olistico, è maggiore della somma dei singoli musicisti presi singolarmente. Le tre chitarre di Possenti, Gasparini e Mercuri rappresentano l’anima più etnica, mente il sax di Urbani e il piano di Ceccarelli invece quella più Jazz. Il tutto si fonde a meraviglia grazie agli archi di Pieri e il Basso di Cesari. Una menzione speciale merita il batterista Manzi, nome storico del jazz italiano, che funge spesso da vero collante con la sua batteria, mai invasiva ma particolarmente espressiva e che punteggia in maniera sublime il lavoro degli altri musicisti.
Il disco ci propone tutte nuove composizioni scritte negli anni 2000, qualche inedito scritto alle fine degli anni ‘70 assieme a Manzi e un paio di classici dai loro primi due dischi. Guarda caso questi due brani aprono e chiudono l’album come a voler chiudere un cerchio o come volerci condurre in un viaggio musicale in cui la partenza e la destinazione coincidono ed in cui l’unica cosa veramente importante è viaggiare. Colpisce l’omogeneità dell’album in apparente contrasto con l’arco temporale di trenta anni in cui sono stati scritti i brani. Con “Ichinen” gli Agorà non vogliono stupire o accontentare i fan del passato, ma solo suonare quello che più gli piace a prescindere da generi e necessità commerciali. Vogliono semplicemente suonare la loro musica in piena libertà espressiva ed è forse questa la vera scintilla che fa scattare la magia di un album in cui tutto sembra funzionare, in cui nulla è fuori posto. Un album in cui la maturità dei musicisti diventa un vero valore aggiunto e non un fardello.
Vorrei aggiungere infine che già questa estate avevo avuto la fortuna di vedere live gli Agorà e sentire in anteprima l’album e non posso che replicare tutte le belle parole già scritte anche per il loro concerto. Dal vivo mostrano ancor di più la loro classe raffinata ed in particolare la riproposizione dei vecchi brani in versione acustica.
Non posso concludere altrimenti se non consigliando sia il disco e sia, se ne avete la possibilità, di assistere ad un loro concerto dal vivo


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Francesco Inglima

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