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ALGABAS Angely i besy Tarkus Records 2012 RUS

Angeli e demoni si agitano in questo esordio discografico, racchiuso dalla splendida copertina dell’artista bielorusso Dmitry Masly. Il gruppo, nato nel 2007 su iniziativa del bassista e cantante Sergey Milaev (artista molto attivo fin dagli anni Ottanta sia in ambito musicale che letterario), ha subito infatti frequenti cambi di line-up, svariati problemi tecnici e di normale vita quotidiana prima di raggiungere il sospirato obiettivo del primo album in studio. Il risultato di tanto entusiasmo e tanta tenacia è un’opera che si muove prevalentemente in ambito new prog, nel complesso interessante e divertente ma anche inevitabilmente tarata da qualche pecca. Lo spirito brillante del gruppo arde intensamente in queste nove tracce, tutte abbastanza omogenee sia per durata, con minime oscillazioni fra i cinque e i sei minuti e mezzo, che per qualità. E’ innegabile che lo sguardo dei quattro musicisti (che comprendono oltre al già citato Sergey, Ilya Frolov alle tastiere e chitarre, Igor Tarasov alla chitarra e Oleg Vasilev alla batteria) si posi in terra di Albione, con alcune caratteristiche però che appaiono consone all’ambiente musicale russo ai tempi della Perestrojka. Potremmo pensare a una specie di IQ in erba un po’ sgangherati, con un pizzico di magia proto-Marillioniana ed un modo di fare che fa pensare ai connazionali Avtograf ma anche e soprattutto ai primi Agata Kristi. Se l’ascolto si può dire complessivamente godibile e leggero, bisogna però dire che a volte la musica procede come una macchina poco oliata, a causa soprattutto di un cantato declamatorio e dalla timbrica non bellissima che per la sua monoliticità non avrebbe sfigurato forse in ambito Thrash o di un metal più robusto. La voce di Sergey, che da parte sua si rivela un bassista bravo e versatile, non segue linee melodiche particolari che invece avrebbero giovato tantissimo alla musica, il cui disegno anzi, ne viene a tratti tubato. Ci sono poi le tastiere che a volte si allontanano sullo sfondo come un sordo ronzio che lascia appena percepire la sua presenza e con registri forse un po’ da rivedere. Spartiti più ricchi in questo senso avrebbero dato una maggiore tridimensionalità alle composizioni, come dimostrato da brani come “Formula Bezumiya” che si lascia apprezzare per le sue dinamiche strumentali. Altro brano molto interessante in questo senso è “Dom c kaminom” che sorprende per un intermezzo quasi jazzato che vede la partecipazione del sax di Nikolay Egorov. Ricche invece e bene articolate sono le parti di chitarra, mai eccessivamente pesanti, con intrecci interessanti ed assoli che donano piglio e movimento a brani che in qualche modo entrano presto in testa senza stancare troppo alla lunga. Sicuramente la proposta, così come è, appare genuina e spontanea, nel bene e nel male, e questo sicuramente aggiunge un po’ di sale rispetto a molte proposte che si muovono nello stesso ambito musicale, fin troppo derivative ed artificiali. Le buone idee quindi ci sono, il punto di partenza è buono e se la band riuscirà a scacciare qualche demone, una volta trovato il suo equilibrio interno e la sua compattezza, i risultati saranno sicuramente migliori e meno artigianali. Al momento in cui scrivo un nuovo album è in fase di preparazione, non ci resta che aspettare quindi e sono sicura che non ne rimarremo delusi.


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Jessica Attene

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