Home
 
REESE Under the carpet (EP) autoprod. 2013 ITA

Questo mini CD, il terzo nella carriera della band vicentina, attiva già dal 2006, mi ha riportato indietro nel tempo, all’epoca in cui si affidavano sogni e speranze ad una cassettina, il demo-tape, da usare come biglietto da visita per suonare un po’ in giro, da far ascoltare con orgoglio all’amico o da rivendere addirittura nei negozi di dischi della zona. Quella era la destinazione naturale di proposte sì genuine e traboccanti d’entusiasmo ma anche approssimative ed amatoriali. Ma al giorno d’oggi non si prevedono tante cerimonie per il passaggio dalla cantina di casa alla ribalta e forse è anche meglio così, chissà? Immagino che l’anima prog della band sia il tastierista Ettore Duliman, infatti si possono notare diversi timidi tentativi di inserire quelli che sembrano dei piccoli richiami al nostro genere di riferimento, il più vistoso dei quali balza all’orecchio nella centrale title track che, sul finale, sfoggia quella che potrebbe quasi apparire, con le dovute incolmabili distanze, come una specie di parafrasi di “Firth of Fifth” o di un altro momento Genesisiano. Il legame col Prog si riduce a questo e a poco più. I riff serrati, sporchi ma anche melodici dell’allegra traccia di apertura, “Present”, somigliano più che altro a qualcosa dei Green Day e a poco serve creare un piccolo diversivo un po’ funky per cambiare le sorti di un pezzo simpatico ma anche semplice e disimpegnato. Soprattutto nelle altre due tracce, e più che mai nella conclusiva “Until You Get Lost”, mi vengono in mente certe sonorità new wave e, di riflesso, un po’ New Prog anni Ottanta con qualche eco dei Galahad, anche per quanto riguarda la performance vocale di Carlo Sturati. Quest’ultimo pezzo appare come una ballad costruita sui power chords della chitarra e ritornelli cantabili. Sullo sfondo c’è un timido lavoro alle tastiere che dona un po’ di prospettiva al brano e solo sul finale queste emergono leggermente con un breve assolo. Meglio disegnate invece sono le linee di chitarra, soprattutto quella solista di Matteo Boschetti, particolarmente apprezzabile quando sceglie disegni melodici e timbriche pulite. La sezione ritmica, composta da Matteo Castegnaro al basso e Enrico Gregori alla batteria, si adegua molto bene alle esigenze dei pezzi, spingendo di più all’occorrenza ma anche dilatandosi e dando un po’ di respiro alla musica e credo che volendo potrebbe essere di grandissimo aiuto qualora il gruppo decidesse di strutturare di più i propri spartiti. Vi renderete conto anche voi che tredici minuti circa divisi in tre brani sono un po’ risicati per un giudizio definitivo, soprattutto perché bisogna capire quale strada la band voglia inforcare definitivamente, visto che i tre brani proposti hanno caratteristiche leggermente diverse l’uno dall’altro. Sicuramente c’è ancora un po’ di polvere da nascondere sotto il tappeto e un po’ di lavoro da fare e per questo spero che il gruppo mantenga il suo entusiasmo e vada avanti.


Bookmark and Share
 

Jessica Attene

Italian
English