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SUSAN CLYNES Life is... Moonjune Records 2014 BEL

Una determinata scelta di vita, spesso, modifica completamente il corso di quest’ultima, portandoci lungo strade impensate (nel bene e nel male). Altre volte, la vita stessa decide per noi. E a quel punto non ci possiamo fare più niente, soprattutto quando questa esistenza siamo chiamati a lasciarla, prepotentemente contro la nostra volontà. Devono essere state più o meno queste le riflessioni passate per la mente della pianista, compositrice e cantante belga autrice di un live album che per l’appunto si intitola: “Life is”, “La vita è…”.
E pensare che Susan Clynes, alla fine delle scuole superiori, non aveva nessuna intenzione di fare la concertista nel classico senso del termine; forse filosofia o psicologia sarebbero potute essere le vie da intraprendere una volta “diventata grande”. Ma ci fu un insegnate che la spinse a studiare musica full-time, per far crescere l’enorme potenziale che aveva dentro. E così, dopo il debutto in trio con “Sugar for a dream”, la Moonjune Records (come spesso accade negli ultimi anni) sancisce il suo esordio su scala internazionale. Certo, ci sono pure quei casi in cui siamo noi a far sì che poi la vita vada a parare in determinati posti. Non è un caso che Susan sia moglie di Antoine Guenet, tastierista della RIO band Univers Zero, il quale la consigliò alla “Moonjune-family”. La Clynes ha poi riesumato sicuramente le sue passioni filosofiche e psicologiche, conferendo una determinata connotazione a questa uscita, composta da brani eseguiti dal vivo in tre occasioni. Chissà cosa avrà pensato realmente, quando si stavano avvicendando due avvenimenti fondamentali: la nascita della figlia Ileana e la morte della zia Yoka, affetta da una rara forma di tumore cerebrale che si trascinava inconsapevolmente quasi dalla nascita. Due eventi all’antitesi, che hanno comunque visto la musicista guardare al trascorrere del tempo con atteggiamento positivo. Così, Susan Clynes si presenta al grande pubblico sotto una triplice veste che comunque la fa avvicinare quasi alla Julie Driscoll (anch’essa sposata ad un tastierista/pianista d’eccezione…) del periodo Trinity, ma anche ad altre colleghe come Tori Amos e Kate Bush. Due pezzi suonati in trio con Pierre Mottet (basso) e Nico Chkifi (batteria) all’Archiduc, storico Art Deco bar del 1937, a cui seguono altre esecuzioni nel medesimo luogo con il violoncellista Simon Lenski; per terminare quindi con un’esibizione se possibile ancora più intimista, che la vede da sola a pianoforte e voce alla Library of The Cultural Center di Bree.
Musica molto essenziale, profonda, che richiede parecchia calma e necessaria predisposizione per essere ben valutata. Un jazz tranquillo e allo stesso tempo (seppur a suo modo) vibrante, che richiama la rielaborazione di schemi classici, quasi cameristici, denotando una non indifferente vena poetica. Complessivamente, le esecuzioni con Lenski risultano le migliori soprattutto in senso artistico, a volte dominate da degli effetti che riempiono di intensità l’atmosfera live. Su tutti, i nove minuti e mezzo di “Les Larmes” – dedicati al conflitto israelo-palestinese – si dimostrano forse i più ispirati, portando alla mente le passionali soluzioni di un compositore classico come il russo Pëtr Il'ič Čajkovskij. Ma anche “When You’re Dead” o “Pigeon’s Intrusion” denotano un’ottima vena compositiva, accompagnata da quella in solitaria di “Tuesday Rain”.
I pezzi, suonati a partire dal 2012, hanno necessitato di un attento lavoro di selezione, vista la perfezione richiesta dalla Clynes, la quale, nel frattempo, era anche comparsa come vocalist su “After the exhibition” (uno dei migliori lavori del 2013) dei connazionali The Wrong Object, nel brano “Glass Cubes”.
Valutazione finale? Parafrasando un vecchio e famoso spot: “Per molti… ma non per tutti”. Una frase che ben riassume il contenuto di quest’ultimo lavoro, un po’ avanguardistico e comunque davvero ben curato.


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Michele Merenda

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