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IQ The road of bones Giant Electric Pea 2014 UK

Diciamolo, non dev’essere facile, oggi, essere gli IQ: ultimi portatori di quel vessillo new prog delle origini, ultimi rimasti a perpetrare quel discorso iniziato nei primissimi anni ’80 dello scorso secolo e poi ripreso, nel tempo, da centinaia e centinaia di band anche in territorio italico.
Gli IQ sono senza dubbio uno di quei gruppi che nel bene e nel male riescono ancora a far discutere il sempre più ristretto mondo progressivo: viene annunciata una nuova uscita e cominciano le speranze di una conferma stilistica e del mantenimento di sapore ben conosciuto, tipico della band. Ma, soprattutto, è una band che sa farsi amare, sa farsi voler bene, come una vecchia fidanzata della quale, col tempo, si è imparato ad amare anche i difetti. E non è che i difetti non si avvertano, anzi.
Per la registrazione del disco troviamo una formazione ben rimaneggiata: dopo l’uscita di “Frequency”, gli IQ hanno visto l’abbandono prima del batterista Andy Edwards e il rapido rientro del veterano Paul Cook, poi quello del tastierista Mark Westworth e la sua sostituzione con Neil Durant, un fan della band di vecchia data che oltre ad essere tecnicamente a livello dei predecessori conosceva a memoria ogni brano e, infine, John Jowitt, nella band da “Ever” del 1993, con subentro inaspettato di Tim Esau, membro fondatore e bassista ufficiale fino a “Are You Sitting Comfortably?” del 1989.
Nei tre anni successivi a quest’ultima stabilizzazione, la band ha scritto una montagna di musica, tanto permettersi di uscire con una molteplicità di edizioni tra le quali una ricchissima con addirittura 3 CD, adesivi, magliette e amenità varie. Per abbordabilità economica mi limito ad analizzare la versione a 2 CD, lavoro già notevole, trattandosi di oltre cento minuti fitti, fitti. Il primo volume, quello ufficiale, si pone con modeste novità rispetto ai lavori precedenti. Una maggior ricerca sonora verso suoni moderni e puliti è l’aspetto che per primo salta all’orecchio, fase che, a tutti gli effetti, si avvertiva già nel precedente “Frequency” ma che qui è diventata decisamente preponderante. Altro aspetto di novità è la forte dualità di presentazione delle parti di chitarra con momenti aggressivi dal piglio quasi metallico e altri dove la pacatezza melodica è sorretta da intrecci elettroacustici con un distacco davvero deciso tra pieni e vuoti, ultimo aspetto da non tralasciare è l’effettiva crescita tecnica della band con Nicholls al suo meglio di sempre, Cook che sembra decisamente un altro batterista, Esau che si reinserisce splendidamente nel tessuto non solo ritmico, ma anche melodico, Durant che pare davvero non abbia mai fatto altro e Holmes che si dimostra in continua crescita e in continua forma compositiva. Grazie a tutte queste novità, le linee melodiche e ritmiche, che andando ad analizzare possono sembrare un po’ sempre le stesse, assumono così un sapore inedito e si rafforzano nell’effetto, sia per i ricchi momenti distorti e pieni, sia per i tenui arpeggi che spesso accompagnano solo la voce. Questo primo CD pone quale vertice di ascolto la lunga “Without walls”, lunghezza da suite e approccio cangiante nelle sue continue mutazioni, pregna di quel mesto, cupo e malinconico sapore IQ, ma non sono da tralasciare i molteplici spunti della conclusiva “Until the end” o la forza melodica della più breve e pacata “Ocean”. La title track appare, in questo volume, se non proprio il punto debole, quantomeno il brano che pone un po’ più dubbi sul suo sviluppo, troppo dilatato e ripetitivo nella prima parte, anormalmente aggressivo e spinto nella seconda. Nella sua totalità spicca un minor uso di tempi dispari rispetto al solito modo IQ, aspetto che è compensato da una maggior ricchezza di colpi, di contrappunti e di variazioni armoniche. Nicholls è strabordante, canta tantissimo, ma mai fuori luogo e attorciglia spesso le melodie rubando sulla ritmica, utilizzando spesso accenti dinamici e agogici, dimostrando una gran crescita anche in questo senso. Poi c’è il CD bonus. I suoni si fanno maggiormente inediti, taglienti, spinti, il sapore di novità aumenta e fa comprendere il perché il lavoro non sia stato da subito un doppio. Troppa diversità tra le due serie di brani. Ma quello che proprio non deve intendersi è che i brani di questo secondo volume siano stati “scarti” di registrazione e messi su in maniera dignitosa pur di dargli una confezione. No, credo proprio che lo scopo fosse quello di far individuare una nuova strada, un nuovo modo di esprimere il new prog. Mi verrebbe da azzardare termini come new prog sperimentale o new prog progressivo (in altre sedi dopo una boutade così avrei messo una faccina sorridente). Eppure è indubbio che ci sia il tentativo di tracciare nuove modalità di comporre, suonare e proporre il new prog inserendo momenti presi in prestito anche da “normalità” provenienti dalle forme più melodiche di prog metal, altri che puntano a forme dark wave, space e psichedelia, world music, post rock, e in tutto questo “non nuovo” che esce il “nuovo” che in sostanza è nel trattamento delle forme in maniera personale e che dimostra quanto il nuovo impasto – rimpasto sia azzeccato, in pieno.
Sei i brani preparati per questo CD bonus. “Constellations” è un brano da manuale di prog moderno, pienissimo dello stile IQ, ma arricchito da modi e forme tastieristiche abbastanza inusuali. “1312 Overture” è uno sbotto strumentale basato su forti poliritmie e evidenzia una coppia ritmica davvero in sintonia, suoni taglienti, cupi e spaziali completano quattro minuti di notevole esercizio. Forse “Ten Million Demons” voleva essere un tentativo di brano pop un qualcosa di più orecchiabile per allargare l’audience, forse no, ma il risultato è semplicemente un ottimo e scorrevole misto di psichedelia, hard prog e Genesis di “Mama”. Altri spunti di valore si trovano sia a livello ritmico, sia a livello melodico un po’ ovunque, dalla conclusiva “Hardcorre” e il suo finale floydiano, alla bellissima seconda parte di “Fall an rise” con un duetto basso synth dagli spunti notevolissimi.
Il CD bonus, ha tutte le caratteristiche di penetrazione di un disco di gran valore, si presenta decisamente più complesso, moderno, incalzante, tenue e rabbioso rispetto alla più recente produzione IQ. Fa risvegliare neuroni sopiti in attesa di qualcosa di musicalmente fresco e invitante, sa farsi apprezzare in ogni sua nuova piroettante invenzione sonora e questo lo si deve molto, credo, alle nuove idee di produzione di Holmes, ma anche alla new entry Durant, scelta svecchiante e pienamente condivisibile. In tutta questa “modernità”, per chi se lo chiedesse (so che sono parecchi e non me ne so spiegare in pieno il motivo) sì, ci sono ancora richiami al mondo progressivo anni ’70. Gli insegnamenti sono ormai acquisiti e parte integrante dello stile IQ, come quelle aperture sinfoniche con passaggio da tonalità minore a maggiore di banksiana memoria, quindi tranquilli.
Nel terzo CD, che ripeto non ho, è inserita la lunga "The Slender Sky" che pare sia un altro lavorone di 14 minuti col botto, forse la sentiremo dal vivo, ammesso di poterli vedere da queste parti.
Chiosa finale: il vecchio vestito di nuovo? No, non banalizzerei a questa maniera, qui c’è qualcosa in più e lascio ai lettori, consigliandolo, la scoperta di tutte le sfaccettature che questo disco propone.


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Roberto Vanali

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