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ADRIAN WEISS Easy game autoprod. 2014 GER

Torna dopo tre anni dal suo debutto solista il chitarrista tedesco Adrian Weiss, che nel frattempo è entrato in pianta stabile nella power metal band teutonica Gloryful. Dopo essere passato per varie esperienze musicali, il nostro aveva deciso di raccogliere il materiale composto durante gli anni per proprio conto e dare quindi alla luce il primo “Big time”. Come già detto nell’apposita recensione, il lavoro appariva (giustificatamente) molto eterogeneo e ci si attendeva che Adrian Weiss decidesse che strada intraprendere. Questo secondo lavoro, suonato con Marcel Willnat (basso) e Lars Zenner (batteria), comprende anch’esso materiale composto durante differenti fasi, ma si mostra sicuramente più uniforme, figlio di una maturata esperienza soprattutto in fase di arrangiamento. C’è stato chi ha voluto tirare per forza in ballo il termine metal-prog che, dopo un paio di ascolti, appare invero privo di fondamento: si tratta infatti di un classico album in stile guitar-hero, che farà girare senza ombra di dubbio al largo i più acerrimi detrattori del genere. Eppure “Easy game” si fa ascoltare bene, scorre abbastanza velocemente, grazie anche alla presenza di alcuni ospiti che vengono puntualmente citati dall’autore, il quale non perde occasione di consigliare le loro produzioni soliste. Il tempo di gestazione finale è andato dal dicembre 2013 al maggio 2014, ed in questo lasso è stato possibile poter elaborare meglio le proprie idee. Così, abbiamo composizioni risalenti proprio allo scorso anno come “Awkward Silence” in stile Vinnie Moore di “Meltdown”, in cui ci si tiene a sottolineare che è il primo brano in cui il chitarrista si è cimentato nell’uso dello slap applicato al proprio strumento. Tra gli altri titoli più nuovi, leggendo le indicazioni riportate in ogni pezzo, troviamo “Aim To Please”, una sorta di ballatona chitarristica che alterna fasi più blues (applicate in un Satriani-style) con altre smaccatamente neoclassiche, tipiche del dopo Malmsteen, oppure “The Offering” con il suo buon lavoro di basso, frutto di tante prove ed errori, prima di arrivare ad un risultato ritenuto soddisfacente dall’autore. Da menzionare anche “Hacienda”, composta volutamente in uno stile “desertico” che ricordasse certe atmosfere in stile Tarantino, prendendo poi strade focose e sanguigne che la fanno risultare tra le cose migliori di tutto il lavoro. Ma anche “Camel’s Dance”, il seguito di “Egyptian Inscription” presente nell’esordio. Un po’ più veloce dell’originale a dire il vero, con dei lavori di chitarra molto impegnativi che ricordano certe cose di Jason Becker e Marty Friedman (elementi da rintracciare sia negli album dei Cacophony in cui i due militavano e sia nei rispettivi lavori solisti). Se invece si volesse andare alle cose più vecchie, abbiamo “The Last Days”, da lui definita una power-ballad, le cui origini vanno rintracciate addirittura attorno al 2000, quando il chitarrista aveva acquistato l’occorrente per incidere le proprie idee compositive, proprio come “Second Sunrise”, più scanzonata, con fasi di basso dal sapore funky e passaggi dalle reminiscenze jazzate. Ci sarebbe anche “Night Owl”, risalente addirittura a metà degli anni ’90, che venne usata a suo tempo come brano intitolato “Clouds Beneath” per i Thought Sphere (quattro album con loro). Risuonata e rielaborata in forma strumentale, segna un momento altamente lirico, con il fretless bass dal sapore mistico-contemplativo suonato da tale mf-c. Oltre a consigliare l’ascolto anche di “Easy Game” con la storia esilarante che sta alle spalle della sua gestazione, si segnala la conclusiva “Offbeat Frankestein”, partorita dalla collaborazione professionale con i Korsakow. Qui Weiss ricorda molto il connazionale Dave Sharman – guitar-hero apprezzato dagli addetti ai lavori per il suo esordio “1990” – a cui si abbinano sinfonismi decisamente “metallici”. Sicuramente un gran bel lavoro di squadra, assieme agli altri chitarristi presenti.
Per concludere: niente che nei dischi a tema non si sia già sentito e risentito. Se però ancora oggi apprezzate il fenomeno musicale in questione, Adrian Weiss vi intratterrà in maniera molto piacevole, pur non compiendo chissà quale miracolo.



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Michele Merenda

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