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DAWN Darker Laser's Edge 2014 SVI

“Darker” è il nuovo album degli svizzeri Dawn che già ci avevano favorevolmente impressionato con il loro debutto del 2007 intitolato “Loneliness”. I suoni caldi delle tastiere di Nicolas Gerber, le atmosfere talvolta cupe e malinconiche che declinano in numerose sfaccettature grazie alla voce di René Degoumois (anche chitarrista della band) e i sapori (vagamente) retrò ci avevano conquistato sin dai primi ascolti. Anche perché qualche strizzatina d'occhio ad un sound più moderno rendeva il tutto ancora più allettante e gratificante all'ascolto. Il nuovo “Darker” è diviso in 8 tracce tra le quali spiccano i 19 minuti di “8945” che comunque non rappresenta che uno dei tanti punti forti del lavoro. Il breve e oscuro strumentale “ Yesterday's sorrow” apre l'album, seguito dalla lunga “Cold” dove iniziamo ad apprezzare, oltre alla voce particolare di Degoumois, le tastiere vintage (Hammond, Moog...) di Gerber e la decisa ritmica del duo Manu Linder (batteria) e Julien Vuataz (basso) in cui volentieri si inseriscono le ficcanti note della chitarra elettrica (ancora Degoumois). I rimandi, oltre al prog inglese anni 70, vanno anche alla fiorente scena scandinava (Landberk, Wobbler, White Willow...) degli ultimi 20 anni. Piuttosto tipico della band è l'alternarsi di situazioni decisamente sinfoniche a quelle di quasi assoluta e ipnotica quiete che, accennate in “Cold”, troveranno maggior sfogo in altri pezzi della raccolta. La title track è subito ritmicamente molto sostenuta e neanche la parte cantata sembra quietare la furia della band. Solo intorno al terzo minuto l'atmosfera si fa come sospesa, con richiami floydiani, prima che venga ripresa la melodia iniziale con un significativo e seducente finale strumentale. C'è spazio poi (come per il predecessore “Loneliness”) per la suite “8945” (che altro non è che il 9 agosto 1945, data dello sganciamento su Nagasaki della seconda bomba atomica, il “Fat man” citato nel brano). La suite ci consegna un gruppo maturo ed al meglio delle proprie possibilità ed attitudini espressive. Ad un testo di denuncia (si sente anche la voce del presidente americano Truman) si aggiunge il conforto di una musica decisamente appropriata. Una magnetica ed ipnotica introduzione, una ritmica che si fa serrata ed articolata (con un bell'assolo di Degoumois, tanto per gradire), un lungo segmento psichedelico e “rumoristico- alienante” che solo nel finale ritrova coordinate di più facile assimilazione con il bel lavoro delle tastiere di Gerber. Dopo un tour de force simile, “Out of control” giunge come una boccata di aria fresca con il suo ritornello subito accessibile anche se le sonorità della chitarra rimangono parecchio acide e graffianti. Un altro brano superiore ai 10 minuti, “Endless”, chiude l'album. La struttura è simile alle precedenti: una sezione più brillante che coincide con il cantato a cui fa seguito una più oscura appena resa più accessibile dalle note del synth. Solo apparentemente di facile “appeal” (“Cold” e la title track ad esempio), “Darker” è per contro un lavoro multiforme e dalle numerose sfaccettature che necessita di numerosi ascolti per essere apprezzato come certamente merita. Con ogni probabilità non sarà “il mio album” dell'anno, ma comunque uno di quelli che ascolterò con maggiore frequenza. Questo sì.


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Valentino Butti

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