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DROPSHARD Silk Sonic Vista Music 2014 ITA

Avevano esordito nel 2011, dopo aver cominciato la carriera almeno quattro anni prima. Già allora si era parlato di un lavoro maturo, che però, dopo la normale “assimilazione” di determinati concetti di base, necessitava di una elaborazione finale capace di far esprimere le buone potenzialità di partenza. Sia la critica italiana che quella internazionale ad oggi sembra concorde: i brianzoli Dropshard hanno fatto centro. Cresciuti dichiaratamente con Genesis, Yes e Jethro Tull da una parte e poi maturati ascoltando anche Porcupine Tree e Riverside (i puristi inorridiranno!), i cinque musicisti sembrano tralasciare leggermente l’aspetto metal per privilegiare con maggior forza quello dell’atmosfera che “avvolge” l’ascoltatore (e anche qui tutti sembrano concordi). Non c’è alcun dubbio: il gruppo nell’arco di tre anni è migliorato molto e sembra convinto della propria proposta. Se si vuol parlare di Steve Wilson, allora è meglio far riferimento alla dimensione parallela dei No-Man, anche se la band nostrana è molto più varia e suona decisamente più convincete. Merito anche dei riferimenti alla nuova fase “progressiva” – definiamola così – dei nordici Anathema, che conferiscono spessore ad una musica potenzialmente eterea e riflessiva. Parlando di meriti vari, non si può di certo non riconoscerli alla voce di Enrico Scanu, ottimo interprete di strofe che spesso parlano di fughe da luoghi sia fisici che mentali. Volendo anche esagerare, Scanu sembra avvicinarsi persino al modo di esprimersi di Sting (ma non si dimentica mai Geoff Tate), tanto che un pezzo come “Eyes” potrebbe anche sembrare una specie di Police in versione progressiva. Un modo per dire che la sezione ritmica formata da Alex Stucchi (basso) e Tommaso Mangione (batteria) ci sa davvero fare, come evidenziato già nell’opener “Insight”, punto di continuazione ideale col precedente capitolo discografico, ricordando leggermente le ispirazioni dei Queensryche.
Determinati brani sembrano collegati tra loro, come i primi tre che culminano con l’ottima e varia “Cell 342”, tra le cose migliori di tutto l’album. Le tastiere del nuovo Valerio De Vittorio vengono messe spesso in primo piano, sfruttando anche indovinati suoni “retrò”. Come al solito poco spazio solistico per le chitarre di Sebastiano Benatti e dello stesso Scanu, volte più a creare il complesso gioco d’atmosfera di cui si parlava prima. Un’eccezione potrebbero essere gli inserti azzeccati nella già citata “Insight”, oppure “Tied Together” e “Maya” (bello il flauto a volte sovrapposto alle chitarre).
Le brevi “Seat” (strumentale), “Perpetual Dream” e “Get Out And Run” sono le introduzioni ai dieci minuti abbondanti della mini-suite “The Endless Road”, tra parti improvvisamente accelerate e partiture di flauto del solito Scanu incastonate in linee di basso decisamente
heavy, oltre a quella commistione tra vecchio e nuovo molto scaltra di cui lo Steve Wilson solista ha dimostrato di essere maestro.
Passaggio elettronico-lisergico con “Less Is More”, prima di arrivare a “Maya” e poi al pezzo forte “Memento”: quasi dodici minuti in cui c’è un po’ la summa della svolta dei Dropshard. Molta musicalità poetica, soprattutto a partire dal quinto minuto. Chiude una ghost-track con la voce di Cecilia Fumanelli (e forse anche di Sergio Gianoli) , ribadendo l’atmosfera “tardo-autunnale” di cui sembra intriso il sound dei Dropshard.
Non è quel masterpiece di cui ormai è facile parlare ad ogni uscita discografica da ritenersi per lo meno dignitosa, ma più lo si ascolta e più si entra (con tutta calma) nell’ottica di quello che si dimostrerà un più che grazioso gioiellino tutto italiano.



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Michele Merenda

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