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HEKZ Caerus Cherry Red Records 2014 UK

Tornano gli inglesi HeKz, monicker il cui significato costituisce un segreto custodito gelosamente dalla band stessa. Dopo il debutto “Tabula rasa”, col quale i britannici sono stati ben accolti soprattutto dal pubblico del mondo metal, il successore è un lavoro decisamente impegnato, che va oltre le belle melodie “metalliche” e sostenute degli inizi. Il titolo si rifà a “Kairos”, una parola in greco antico che più o meno significava “momento giusto, momento opportuno”, anche se il contenuto profondo era nettamente connesso ai costumi di vita della Grecia durante il VI-V sec. a.C. La divinità preposta a questo stato quasi di grazia dei tempi era proprio il misconosciuto Caerus, figlio più giovane di Zeus, che dopo essere diventato l’amante di Fortuna pensò di rovesciare il regno del padre. Quello di Caerus non era il tempo sequenziale di Chronos (famosa divinità), bensì uno scorrere “qualitativo ed indeterminato”, in cui accade una determinata cosa piuttosto che un’altra. Ecco perché “Kairos” è tradotto pure con “occasione”. Ma anche con il “tempo di Dio”.
E l’occasione gli Hekz l’hanno effettivamente colta, sfruttando un momento di ispirazione che adesso giustifica l’adozione del termine prog-metal anche nei confronti della loro proposta. Il lavoro in esame è innanzi tutto forgiato su una gran bella produzione, con voci e suoni ben esaltati, pompati al punto giusto, dando la necessaria enfasi ai contenuti musicali. Anche se il genere è ormai inflazionato ed è difficile dire qualcosa di nuovo, viene voglia di ascoltarli a volume alto, cogliendo la scaltrezza nell’essere riusciti ad unire l’immediatezza del heavy metal più melodico di fine anni ’80 con una certa magniloquenza ricercata, diciamo a partire dal periodo che sancì il boom dei Drem Theater. Guardando la copertina viene da pensare a “The wake of Magellan” degli storici Savatage; c’è qualcosa che rimanda a quel lavoro, anche se non è da identificare con gli immediati rimandi musicali. È più che altro la vocazione all’Opera espressa sempre però in ottica metal, con una propensione al concetto di grandiosità che in un modo o nell’altro riesce – per un pelo – a non sfociare nella megalomania.
C’è anche da dire che “Caerus”, a differenza di “The wake…”, non è un concept, sebbene vi siano (per ammissione della band) tre composizioni come “Progress & Failure”, “The Black Hand” e la chilometrica “Journey’s End” legate strettamente tra loro, formando una specie di suite sparsa nell’album che parla delle azioni positive e negative del genere umano, con le loro possibili conseguenze quando non si è in grado di mantenere un corretto bilanciamento delle forze sopra descritte. Proprio sull’iniziale “Progress…” si può appurare che il bassista Matt Young ha una gran bella voce profonda, decisa e stentorea (quanto è merito suo e quanto dell’ottima produzione? La parola alle esibizioni live), impostata per dei tipici mid-tempoes ma anche degli anthems (vedi “Liberation”), differenziandosi dalle solite timbriche sottili. Solo che poi, quando meno te l’aspetti, se ne esce con degli acuti inaspettati che conferiscono ulteriore diversificazione, come su “From Obscurity To Etermity”, che farà la gioia di tanti amanti del metal più enfatico. Rispetto al passato appare più significativo l’apporto strumentale di James Messenger (tastiere, qui impegnato anche all’organo hammond) e Kirk Brandham (batteria); magari ci si sarebbe aspettati di più in chiave solista dalle due chitarre di Tom Smith ed Alastair Beveridge, che danno sempre sostanza all’articolato muro ritmico ma che esprimono loro stessi più che altro nei pezzi maggiormente lunghi, andando così oltre al solito breve assolo velocissimo. Da registrare anche l’uso di violini, flauti e violoncelli sia nei momenti più riflessivi che in alcune fughe.
Si tratta allora di un capolavoro imprescindibile? No. Anzi, alla lunga potrebbe anche stancare, perché il minutaggio risulta anche troppo alto in base alla proposta. Però è un lavoro che piacerà senza dubbio agli amanti del heavy metal suonato con la massima professionalità ed accuratezza, “progressivizzato” quanto basta, in cui ci viene messo cuore… con il giusto raziocinio. Del resto, “Kairos” nell’Arte è quella leggera sfumatura che favorisce il buon esito di una creazione. Ed i nostri sanno benissimo che “Caerus” è raffigurato anche su scale in equilibrio sopra un bordo tagliente, per evidenziare l'istante fuggevole in cui le occasioni appaiono e scompaiono. Concedendo raramente una seconda possibilità. Quindi, meglio cogliere immediatamente l’ispirazione quando arriva… e sfruttarla saggiamente fino in fondo.


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Michele Merenda

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